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Giurisprudenza - Rassegna a cura di Sonia Lazzini - 27 novembre 2007

 

 


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Moduli predisposti dall’amministrazione per partecipare ad una gara: è legittima l’esclusione di un’impresa che non ha sbarrato il corrispondente quadratino con la prevista X.? Si può comunque invocare il principio della massima partecipazione possibile? e’ importante la circostanza che comunque l’impresa sia in possesso del requisito non dichiarato correttamente?

Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sentenza n. 707 dell’ 8 novembre 2007 - L’esclusione va confermata in quanto non sembra che il formulario predisposto dalla P.A. da completare da parte dei concorrenti aderendo o meno, mediante apposizione del segno X sulle caselle poste a conclusione di ciascuna dichiarazione, presenti particolari difficoltà di comprensione tali da giustificare l’eventualità di possibili scusabili errori : si deve dunque ritenere che costituiva onere non insuperabile del dichiarante, a tanto bastando la normale prudenza e diligenza del buon padre di famiglia, leggere con cura il formulario al fine di compilarlo in ogni sua parte al fine di evitare di incorrere nelle conseguenze che si sono viste; considerata quindi l’ineludibile severità della prescrizione normativa, posta non solo a garanzia della efficienza, rapidità e snellezza dell’azione amministrativa, ma anche, a ben vedere, della par condicio tra i partecipanti, tutti in ugual misura tenuti a presentare le proprie domande di partecipazione alle gare avendo cura di adempiere agli obblighi ed oneri connessi, obblighi ed oneri solo apparentemente di ordine formale, poste le conseguenze, sostanziali, che alle eventuali inadempienze non possono non essere collegate, non ha pregio invocare il principio di proporzionalità tra l’omissione rilevata e la traumatica conseguenza che ne viene tratta, ovvero il principio che impone il maggior numero di partecipanti alle gare, ovvero ancora contestare la mancata richiesta di chiarimenti.


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A fronte di accertati inadempimenti da parte della ditta sorteggiata (ex art. 48 del D.L.gs. 163/2006 smi) è sempre obbligatoria l’esclusione dell’impresa dalla procedura? Il termine dei 10 giorni è perentorio? In quali circostanze si può tralasciare l’escussione della garanzia provvisoria?

Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sentenza n. 720 dell’ 8 novembre 2007- La perentorietà di un termine può derivare o dalla dichiarazione espressamente contenuta nella legge oppure essere desunta implicitamente dalla "ratio legis" e dalle specifiche esigenze di rilievo pubblico che lo svolgimento di un adempimento, in un arco di tempo prefissato, è indirizzato a soddisfare; quest’ultimo è appunto il caso del termine di 10 giorni fissato dall’art. 48 d. lgs. 163/06, per le esigenze di immediato esaurimento del tratto procedimentale: essendo il termine perentorio, è irrilevante che la ricorrente abbia successivamente comprovato, presentando tardivamente la relativa documentazione, i requisiti richiesti, va pertanto conferma l’esclusione dalla procedura  ma non anche  l’escussione della garanzia provvisoria emergendo la violazione del principio di proporzionalità ( che consiste nel rispetto dell’equilibrio tra gli obiettivi perseguiti ed i mezzi utilizzati, con il minore sacrificio possibile per gli interessi dei privati confliggenti con l’interesse pubblico)


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E’ compente il giudice amministrativo nel caso di un il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento connesso all’esercizio della funzione pubblica ? E’ condivisibile la ricostruzione secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria per il fatto della avvenuta realizzazione delle opere di interesse pubblico (sia o meno divenuta inoppugnabile una dichiarazione di pubblica utilità?e’ corretto affermare che le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo costituiscono primari e fondamentali canoni di interpretazione per la legge italiana?.

Consiglio di Stato, sentenza n.  5830 del 16 novembre 2007 - Nel quadro normativo formatosi con l’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n. 205 del 2000) e con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio n. 327 del 2001 (come incisi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) – sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva quando il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento connesso all’esercizio della funzione pubblica, come avviene quando l’Amministrazione abbia a suo tempo disposto l’occupazione d’urgenza ed abbia sottratto il possesso di un’area nel corso di una delle fasi di attuazione del vincolo preordinato all’esproprio: dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge ed inoltre rileva l’art. 43 del testo unico approvato col d.P.R. n. 327 del 2001, il quale – ispirato all’art. 42 Cost. - attribuisce all’Amministrazione, qualora si sia verificata una patologia dell’azione amministrativa, il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto; l’art. 43 presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e di un illecito permanente dell’Amministrazione che si è a suo tempo impossessata del fondo altrui senza concludere tempestivamente il procedimento di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica o di interesse pubblico...


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Revisione dei prezzi contrattuali : esiste una diversa giurisdizione a seconda che la controversia riguardi il  quantum ( e cioè la determinazione dell'esatto importo revisionale ) e non l'an (e cioè la spettanza o meno della revisione)?

Consiglio di Stato, sentenza n.  5831  del 16 novembre 2007 - La possibilità di fruire della revisione prezzi, in base alle norme vigenti all’atto dell’instaurarsi del rapporto tra Amministrazione ( per tale dovendosi intendere anche il concessionario, pubblico o privato che sia, la cui attività sia qualificabile come pubblica ) e Società appaltatrice, è subordinata ad una valutazione discrezionale dell'Amministrazione committente ed è quindi oggetto di un interesse legittimo, tutelabile davanti al Giudice amministrativo, fino a quando detta Amministrazione non abbia riconosciuto, sia pure implicitamente, la spettanza del compenso revisionale; La posizione dell’appaltatore di opere pubbliche assume invece natura di diritto soggettivo, tutelabile davanti al Giudice ordinario, quando il committente abbia positivamente esercitato il potere di accordare la revisione e, dunque, abbia riconosciuto che all’appaltatore spetti la revisione dei prezzi contrattuali e, perciò, un compenso ulteriore rispetto a quello convenuto


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Quando si può affermare che un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio ? quali caratteristiche deve avere un’attività per < identificarsi con lo svolgimento di un pubblico servizio>? come si configura il contratto di <concessione in uso> di un ‘immobile comunale ad un’Associazione benefica?

Tar Lombardia, Milano,  sentenza n.  6203  del 22  novembre 2007 - Perchè un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio” ai sensi dell’art. 826, comma 3, cod. civ. occorre un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell’Ente titolare del diritto reale pubblico (e perciò un atto amministrativo da cui ri-sulti la specifica volontà dell’Ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e l’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio: nonostante l’utilità sociale dello scopo, l’attività associativa non può identi-ficarsi con lo svolgimento di un pubblico servizio, tale essendo soltanto un'attività economica assunta, per legge o in base ad essa, da un ente pubblico (segnatamente un ente locale) oppure attribuita (con atto concessorio) anche ad altri soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto il controllo dell'amministrazione e con un determinato regime amministrativo


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E’ consentita la partecipazione congiunta a gara sia del consorzio stabile che delle relative consorziate? il divieto di partecipazione congiunta varrebbe soltanto per le imprese consorziate chiamate all’esecuzione dei lavori?

Tar Lazio, Roma,  sentenza n. 11444 del 19 novembre 2007 - L’art. 12 comma 5 e l’art. 13 comma 4 della legge n. 109/94, ripresi rispettivamente dagli artt. 36 comma 5 e 37 comma 7 del Codice degli appalti del 2006, stabiliscono il divieto assoluto di partecipazione di un’impresa consorziata ad una gara nella quale concorra anche il consorzio stabile del quale fa parte, sia in forma singola che in forma associata: il legislatore, sulla scia dei divieti di partecipazione congiunta ad una medesima gara di imprese tra loro collegate, ha infatti inteso evitare, con la richiamata normativa, la partecipazione di imprese collegate o, come è il caso dei consorzi stabili, addirittura unite tra loro al punto da dar vita ad un’unica struttura imprenditoriale; diversamente argomentando resterebbe in primo luogo, sul piano delle finalità sostanziali perseguite dalla norma, frustrata l’esigenza di salvaguardia della libertà degli incanti, ugualmente configurabile nel caso di partecipazione congiunta del consorzio e delle imprese consorziate, a prescindere dalla circostanza che le imprese consorziate siano o meno chiamate all’esecuzione dei lavori.

Giurisprudenza segnalata:

Consiglio di Stato, sentenza n.  1529 del 24 marzo 2006  - Un’impresa consorziata non può mai partecipare ad una gara nella quale concorra anche il consorzio stabile del quale fa parte né in forma singola né in forma associata: il divieto vale  anche per  le imprese diverse da quelle indicate come esecutrici dei lavori.