Una piccola proposta sul  tema della produttività ….. spunti di riflessione tra colleghi.

 

Di recente il segretario regionale dell’Unione della regione Lombardia  , dr. Moscara sulla Gazzetta eell dell’11 settembre,ha espresso delle riflessioni sulla vexata quaestio della licenziabilità dei pubblici dipendenti spinto dai ben noti articoli del prof. Ichino sul Corsera.

Ho letto con curiosità la  riflessione di Moscara  (“I dipendenti pubblici: lavoratori o fannulloni, le semplificazioni non aiutano il dibattito”) pubblicato, come s’è detto, sulla Gazzetta degli enti locali-serie on line- dell’11.09.2006 a proposito delle provocazioni del prof. Ichino sui lavoratori fannulloni e sui rimedi per lenire a questa cultura del “lavorare stanca”,come diceva Pavese.

Devo dire che condivido in parte i rimedi escogitati da Mascara  per  rimediare alla drastica proposta di Ichino a proposito della licenziabilità dei dipendenti favorendo la delazione verso quella categoria di fannulloni congeniti nella p.a..Non credo però che sia risolutiva, a fronte della proposta originale  di Ichino , un’applicazione efficientista ,se pur necessaria, degli incentivi della produttività ( al 30% per la parte variabile, ma io sosterrei semmai al 50-60% per la parte variabile, invertendo la tradizionale compiacenza all’assegnazione tucur della produttività garantita solo sulla presenza!) .Blair nel Regno Unito chiede ai propri dipendenti ,per aumentar la produttività, una cosa semplice : lavorare senza progetti ma garantire l’ordinaria mole di lavoro.

Infatti non sono gli incentivi economici che fanno di un impiegato fannullone un buon dipendente!

E’ una questione di moralità: infatti questo è il punto. Ma quale moralità?

Già sullo stesso tema il prof. Ruffini aveva indirizzato i segretari a leggersi “Voglia di lavorar…” –Quaderni di Management pubblico,della Maggioli ,2005. Ma non è un libro sulle istruzione per l’uso,che riesce a  motivare e farsi motivare al di là degli incentivi economici, che può essere risolutivo, sia pur essendo  strumento necessario a disposizione dei tecnici addetti alla formazione del personale..

Ritornando al tema della “moralità” : con essa intendiamo il dovere per il dovere di kantiana memoria?

 Credo piuttosto che la “moralità” sia per ciascuno di noi che lavoriamo una posizione riassumibile nella “passione per il lavoro” e mi spiego.

L’anno scorso al meeting di Rimini intervenne un manager di una grande banca Italiana ( Unicredit)  , Profumo  che disse all’assise del meeting di Cl  :”… quando incontriamo una persona che lavora con passione, vediamo subito la differenza,qualunque tipo di lavoro faccia”:

Sembra scontata questa frase ,ma è proprio vera  ed è indicativa di quella posizione ideale o morale che riconosciamo da subito nell’ambiente di lavoro, incarnata nei lavoratori del pubblico impiego e non solo da essi, come il manager della banca testimoniava.

Ora è evidente che tra chi ha passione per il lavoro e chi non , fa crescere il paese Italia e,nel ns. caso, la p.a. ovvero l’ente comune, il primo e non il secondo tipo . Questa passione per il lavoro è frutto di un’educazione: quando eravamo giovani matricole all’università i nostri maestri ci hanno insegnato un metodo di studio severo e con questo bagaglio abbiamo poi attraversato le tappe dei vari concorsi  con fatica e sacrificio per raggiungere la meta del lavoro agognato. Ci sono impiegati che nell’ente hanno fatto la stessa trafila.

 Con la passione per lo studio comunicataci dai nostri maestri abbiamo così intrapreso le mete professionali e non solo quelle .Ecco la responsabilità di chi ha la passione del lavoro: comunicarla agli altri ( è ciò compito dei veri maestri) che sono refrattari può risolvere quel  problema segnalato all’inizio delle presenti riflessioni.

L’autorevolezza tra i colleghi ed i dipendenti così si acquista maggiormente, però senza lambiccarsi eccessivamente il cervello.E’ una meta irragiungibile questa passione per il lavoro? Credo di no.   

 

 

Antonio Pètrina