N. 6169/2003
Reg. Dec.
N. 3439 Reg. Ric.
Anno
1996
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso n. 3439/96 proposto dal Sindaco del Comune di Melfi, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Berardi, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Mercati, n. 51, presso gli avv.ti E. Luponio e A. Abbamonte;
contro
l’Ente Ferrovie dello Stato, S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Mario Caldarera, elettivamente domiciliato in Roma, Via Parigi, n. 11, presso lo studio del difensore;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del
Tribunale amministrativo per la Basilicata, n. 95, pubblicata in data 3 marzo
1995, resa tra le parti, con la quale è stata annullata l’ordinanza del Sindaco di Melfi n. 8629 del 14 maggio 1990, concernente
requisizione di un alloggio di proprietà dell’Ente Ferrovie dello Stato
per ricovero di un nucleo familiare a seguito degli eventi sismici del maggio
1990.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 1° luglio 2003 il Consigliere Giuseppe Carinci;
Uditi l'avv. A. Abbamonte su delega dell’avv. A. Berardi, per l’appellante, e l'avv.Clarizia du delega dell’avv. M. Caldarera, per l'ente resistente;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Basilicata, l’Ente Ferrovie dello Stato ha impugnato, insieme con altri atti connessi, l’ordinanza n. 8629 del 14 maggio 1990 del Sindaco di Melfi, che aveva disposto la requisizione di un alloggio di sua proprietà per ricovero di un nucleo familiare rimasto privo d’alloggio a seguito degli eventi sismici del maggio 1990.
Il Tribunale ha ritenuto fondato il ricorso e lo ha accolto, ritenendo fondata la censura secondo cui la requisizione sarebbe stata adottata in carenza del presupposto della contingibilità.
Il Sindaco di Melfi non ha condiviso la decisione e l’ha impugnata con atto notificato in data 4/5 aprile 1996 e depositato il 3 del mese successivo. Nel gravame ha sollevato i seguenti motivi.
1 – Error in iudicando; violazione dell’art. 7, commi 1 e 4, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; eccesso di potere per falso presupposto e carente istruttoria. Il TAR Basilicata ha ignorato che nella dedotta materia il giudice amministrativo è fornito oltre che di giurisdizione di legittimità, anche di giurisdizione di merito, con possibilità, quindi, di riformare l’atto sottoposto al suo esame. Un approfondito apprezzamento operato in tal senso, previa adeguata istruttoria, avrebbe rivelato la sicura presenza del requisito della “contingibilità” che il giudice ha invece ritenuto insussistente. Nessuna inerzia, peraltro, è imputabile al Sindaco nella ricerca di concrete soluzioni alternative per la sistemazione dei nuclei familiari rimasti privi d’alloggio, e non sussistevano i presupposti per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, potendo il giudice, semmai, decidere soltanto per taluni correttivi.
2 – Error in iudicando; eccesso di potere per falso presupposto e insufficiente motivazione.
Il provvedimento “contingibile” non deve presentare necessariamente il carattere della istantaneità o della brevità, ma solo il diverso connotato della temporaneità; né va trascurato che la contingibilità e l’urgenza non sono requisiti del provvedimento, ma della situazione che viene presa in
considerazione. La legittimità del provvedimento impugnato andava quindi valutata con riferimento alla situazione concreta, e cioè in relazione alla gravità dell’accaduto e alla congruità dell’atto adottato rispetto all’evento da fronteggiare.
3 – Difetto d’istruttoria; falso presupposto; incongruità e contraddittorietà della motivazione. Il rilievo del Tribunale amministrativo, secondo cui il potere d’ordinanza non può utilizzarsi “per risolvere problemi di fondo del nostro ordinamento o per colmare deficienze strutturali della nostra società“, anche se ineccepibile in via generale, si appalesa non pertinente alla fattispecie in esame, in cui il Sindaco, nella veste di Ufficiale del Governo, ha dovuto far fronte a una grave situazione determinata dal verificarsi di una calamità naturale.
Si è costituito in
giudizio l’Ente Ferrovie, che ha chiesto il rigetto
dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con memoria del 18 giugno 2003, l’Ente ha insistito nella
correttezza della decisione di primo grado, fondata sulla sicura carenza del
requisito della contingibilità. Il Sindaco avrebbe travalicato in modo evidente
la causa attributiva del potere di ordinanza, con effetti che andrebbero oltre a
quelli normalmente riconnessi a un provvedimento di requisizione d’uso,
mentre ben avrebbe potuto trovare soluzioni alternative attraverso l’uso
di altri mezzi offerti dall’ordinamento, eventualmente
anche attraverso la proroga di un
provvedimento di requisizione assunto in modo corretto.
L’appellante ha ulteriormente illustrato le tesi poste a fondamento del gravame, insistendo nella riforma della sentenza impugnata. Ha osservato, in particolare, che l’Amministrazione ha provveduto a mettere in atto tutte le iniziative possibili per assicurare un ricovero alle famiglie rimaste prive di abitazione, e che la soluzione adottata era l’unica possibile. Tenuto conto, peraltro, delle circostanze, il termine di due anni fissato per la requisizione sarebbe del tutto coerente con lo stato di emergenza e con il rischio che bisognava fronteggiare.
All'udienza del 1° luglio 2003, la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
Come esposto in narrativa, il Sindaco di Melfi ha impugnato la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo per la Basilicata, in accoglimento del ricorso proposto dall’Ente Ferrovie dello Stato, ha annullato l’ordinanza con cui aveva disposto la requisizione di un alloggio di proprietà dell’Ente, per provvedere al ricovero del nucleo familiare di Nigro Carmine, rimasto privo di abitazione a seguito degli eventi sismici verificatisi nel maggio del 1990.
Il Sindaco contesta, in primo luogo, l’inadeguatezza della decisione assunta dal Tribunale, per non aver fatto uso della giurisdizione di merito, benché posseduta in materia.
Contesta, altresì, la ritenuta carenza del requisito della “contingibilità” nell’adozione dell’atto impugnato, e inoltre gli ulteriori rilievi di incongruità e contraddittorietà da cui l’atto di requisizione sarebbe affetto, osservando ulteriormente che la soluzione da lui adottata era l’unica possibile, nella concreta fattispecie, a far fronte alla situazione di emergenza verificatasi.
Le censure si appalesano fondate in relazione alle seguenti osservazioni.
E’ pacifico che a seguito degli eventi sismici del maggio 1990, il territorio del Comune di Melfi rimase gravemente danneggiato. Rimase colpito in particolare, e gravemente danneggiato, un fabbricato di proprietà comunale – già adibito a ex ospedale – dove risultavano ricoverate tredici famiglie. In data 5 maggio 1990, il giorno in cui la prima scossa tellurica si era verificata, il Tecnico dell’Ufficio comunale rappresentava al Sindaco, riferendosi agli abitanti di tale fabbricato, l’esistenza di una “situazione di grave pericolo per dette famiglie” e la necessità di predisporre lo sgombero dell’immobile danneggiato. La situazione veniva rappresentata al Prefetto, che nessuna iniziativa adottava in proposito. In data 14 maggio, a seguito di altre scosse sismiche, lo stesso Tecnico emetteva altra segnalazione, con la precisazione che l’edificio in cui erano ricoverate le suddette famiglie non era più idoneo a ospitare persone e cose in situazione di sicurezza.
A seguito del nuovo evento, il Sindaco dichiarò l’inagibilità del fabbricato, e poi, perdurando l’inerzia del Prefetto, adottò diverse ordinanze con cui dispose la requisizione di alcuni alloggi di proprietà dell’Ente Ferrovie dello Stato, per provvedere al ricovero dei nuclei familiari rimasti privi di abitazione. Ai provvedimenti attribuì la durata di due anni.
Il Tribunale amministrativo – adito con distinti ricorsi dall’Ente Ferrovie per assunta illegittimità dei provvedimenti di requisizione – ha riconosciuto che sussistevano i presupposti oggettivi che giustificavano, in assenza di iniziative prefettizie, gli interventi surrogatori del Sindaco, ed ha respinto un primo rilievo in tal senso sollevato dall’istante. Ha però ravvisato che non sussisteva, in relazione alla durata assegnata alla requisizione, il requisito della “contingibilità”, e per tale motivo ha accolto i ricorsi, osservando altresì che “non può utilizzarsi il potere di ordinanza per risolvere problemi di fondo del nostro ordinamento o per colmare deficienze strutturali della nostra società”.
Tutto ciò premesso, e senza entrare nella questione proposta con l’appello secondo cui il giudice amministrativo avrebbe dovuto far uso, nella dedotta materia, della giurisdizione di merito, appare al Collegio che le censure sollevate dal Sindaco di Melfi siano meritevoli di accoglimento.
E’ noto che i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti sono, ai sensi dell’art. 38,
comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza), dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilità).
Riguardo al primo aspetto, non si pone alcuna questione. Riguardo al secondo, è sicuro che l’intervento non deve avere necessariamente il carattere della provvisorietà, atteso che suo connotato essenziale è l’adeguatezza della misura a far fronte alla situazione determinata dall’evento straordinario. Il che chiaramente sta a indicare che nell’adozione di provvedimenti contingibili e urgenti non esiste, in astratto, un metro di valutazione fisso da seguire, ma la soluzione va individuata di volta in volta, secondo la natura del rischio da fronteggiare. Sono, infatti, le esigenze obiettive che si riscontrano nel caso concreto che determinano la “misura” dell’intervento, anche se la soluzione deve corrispondere alle finalità del momento, senza che possa assumere, cioè, i caratteri della continuità e della stabilità. (Cons. St. V, n. 580 del 9.2.2001).
Ciò considerato, non sembra al Collegio che, nelle indicate circostanze, la soluzione adottata dal Sindaco di Melfi abbia ecceduto le finalità del momento, e che la durata di due anni assegnata alla requisizione dell’alloggio abbia trasceso il carattere della contingibilità. Il suddetto organo ha ben
rappresentato, nel provvedimento, “la situazione di gravissima crisi abitativa venutasi a creare in conseguenza del sisma del 5/5/1990, che ha interessato l’intero territorio ed in particolare il centro urbano e le frazioni, apportando notevolissimi danni alle strutture edilizie già provate dai sismi dell’80 ed 81 e non ancora riattate o in via di riattazione”. In una tale circostanza, che vedeva la situazione abitativa dell’intero comune seriamente compromessa dalla nuova calamità naturale, la durata della requisizione non può considerarsi inadeguata rispetto alla situazione contingente che si era presentata e che non offriva, secondo la stessa descrizione fatta dal Sindaco, una valida soluzione alternativa, neanche ricorrendo a eventuali iniziative straordinarie, considerati i tempi materiali occorrenti alla ricostruzione o al risanamento degli edifici danneggiati.
E’ parere del Collegio, quindi, che la decisione del primo giudice non abbia tenuto adeguato conto del contesto ambientale nel quale il provvedimento è stato adottato, la cui durata non appare costituire indice di travalicamento del potere di ordinanza. E’ chiaro, peraltro, che il potere usato dal Sindaco, nella circostanza, non possa ritenersi per nulla volto a risolvere “problemi di fondo dell’ordinamento o per colmare deficienze strutturali della società”. Ciò poteva essere se il provvedimento fosse stato adottato per sopperire, ad esempio, a esigenze abitative determinate da fenomeni straordinari
meno invasivi. Non a fronte di un evento sismico di grave portata, che comportava, in relazione ai danni inferti alle strutture edilizie del Comune e alle evidenti difficoltà determinate nella situazione abitativa, l’utilizzazione di criteri certamente più elastici e meglio adeguati in ordine alla valutazione del permanere dello stato di necessità.
Il Consiglio di Stato ha affermato che le ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco non debbono necessariamente avere sempre il carattere della provvisorietà (Cons. St., Sez. V, n. 1128 del 29.7.1998). Loro connotato essenziale è l’idoneità della misura in relazione al rischio che si intende fronteggiare, in quanto la requisizione è preordinata a ovviare a situazioni per le quali non sia altrimenti possibile provvedere con le misure ordinarie, per cui la durata del provvedimento è collegata al permanere, appunto, dello stato di necessità (Cons. St., Sez. IV, n. 742 del 27.4.1999).
Per le su esposte considerazioni, l’appello si appalesa fondato e va accolto.
Sussistono, tuttavia, valide ragioni per compensare integralmente le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.
Compensa le spese del giudizio di secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 1° luglio 2003, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:
Gaetano TROTTA Presidente
Giuseppe BARBAGALLO Consigliere
Filippo PATRONI GRIFFI Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere
Giuseppe CARINCI Consigliere estensore
L’ESTENSORE IL
PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
13/10/2003
(Art.55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
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N.R.G. 3439-1996
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