REPUBBLICA ITALIANA | |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO | Sent.n. 1046/2003 |
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA | Ric. N. 417/2003 |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 417/03 proposto da Ecol Gest S.r.l. rappresentata e difesa dagli avvocati Federico e Giovanni Isetta presso il cui studio in Cagliari, via De Magistris n. 8, è elettivamente domiciliata;
contro
il Comune di Ploaghe, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Sircana, ed elettivamente domiciliato in Cagliari, piazza Repubblica n. 19, presso lo studio dell’avvocato Filvia Forteleoni;
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta Comunale di Ploaghe n. 17 del 17 gennaio 2003 avente ad oggetto la sospensione dell’affidamento all’Ecol Gest. S.r.l. della gestione della discarica di materiali inerti, sita in località Baiolis; della relativa comunicazione in data 20 gennaio 2003 all’Ecol Gest S.r.l. da parte del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Ploaghe;
e per il risarcimento
del danno subito dalla società ricorrente, ai sensi degli artt. 33 e 35 del D.Lgs n. 80/98 come sostituiti dall’art. 7 della legge 205/2000, attraverso la reintegrazione in forma specifica o per equivalente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ploaghe;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 10 giugno 2003 il consigliere Francesco Scano ;
Uditi altresì l'avvocato Celestino Manca di Mores, su delega, per la società ricorrente e l’avvocato Francesco Sircana per il Comune,
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con determinazione del 21.7.1999, il responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ploaghe aveva affidato alla ricorrente società la gestione “tecnica ed operativa della discarica di tipo 2 sita in località Baiolis”, per un periodo di 60 mesi a decorrere dal 1.8.1999 e per la somma di lire 12.000.000 annui più iva.
Con i provvedimenti impugnati il Comune di Ploaghe, in considerazione del fatto che non era stato stipulato alcun contratto con la ricorrente e che vi erano lamentele da parte dell’utenza sulla gestione del servizio, ha disposto la cessazione del servizio da parte della Ecol Gest e l’assunzione della gestione del medesimo con personale del Comune.
Avverso di essi la ricorrente ha proposto le seguenti censure:
1)Violazione dell’art. 7 della legge 241/90; eccesso di potere per contrarietà rispetto a precedenti atti; falsità dei presupposti; difetto di motivazione;
2) Inadempimento contrattuale dell’Amministrazione; violazione degli articoli 1374 e 1375 c.c. e dei canoni di correttezza e buona fede; violazione del principio dell’affidamento; difetto di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti;
3) responsabilità precontrattuale.
Il Comune di Ploaghe ha eccepito il difetto di giurisdizione del TAR adito chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso per infondatezza.
Alla pubblica udienza del 10 giugno 2003 la causa, su concorde richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
D I R I T T O
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività della memoria del Comune di Plaoghe per essere stata depositata in giudizio il 14 maggio 2003.
Sostiene la ricorrente che la memoria è stata depositata senza il rispetto del termine previsto dall’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, aggiunto dall’art. 4 della legge 21 luglio 2000 n. 205.
L’eccezione non può essere condivisa.
Il citato articolo 23 bis, al 3° comma, dispone che “il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso ai sensi dell'articolo 21, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza”.
Al successivo quarto comma dispone poi che “nel giudizio di cui al comma 3 le parti possono depositare documenti entro il termine di quindici giorni dal deposito o dal ricevimento delle ordinanze di cui al medesimo comma e possono depositare memorie entro i successivi dieci giorni”.
Ad avviso della ricorrente la memoria del comune, depositata il 14 maggio, sarebbe tardiva con riferimento e detto ultimo termine, tenuto conto che l’ordinanza che ha fissato l’udienza è stata depositata il 27 marzo 2003.
Ritiene il Collegio che le due riportate disposizioni debbano esse considerate congiuntamente. In particolare i termini di cui al quarto comma, per il deposito dei documenti e delle memorie, trovano una loro logica giustificazione ove collegati al termine del comma precedente, termine questo dettato in funzione acceleratoria del giudizio: la deroga agli ordinari termini per il deposito dei documenti e delle memorie trova la sua ratio nella necessità di consentire la definizione del giudizio in tempi brevi.
Pertanto ove il merito della causa non possa essere fissato, come dispone il citato comma 3° dell’art. 23 bis, “alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza” che ha fissato l’udienza medesima, i termini abbreviati per il deposito dei documenti e delle memorie, e derogatori rispetto ai termini ordinari per il deposito degli stessi previsti dal precedente art. 23, potranno risultare logicamente non operanti, ove non funzionali all’accelerazione del giudizio; ciò si verifica ove il lasso di tempo che intercorre tra il deposito dell’ordinanza o la sua notificazione alle parti consenta, in concreto, il rispetto dei termini ordinari: in tal caso non potranno che applicarsi i termini previsti al 4° comma del precedente articolo 23, che fissa per il deposito dei documenti e delle memorie, rispettivamente i termini di venti e dieci “giorni liberi anteriori al giorno fissato per l'udienza”.
Proprio perché i termini di cui al citato art. 23 bis hanno la funzione di abbreviare i tempi per la discussione e quindi di decisione della controversia, in ragione della particolarità delle materie, la loro operatività viene meno ove non vi sia spazio per perseguire l’obiettivo avuto di mira dal legislatore. Ciò può verificarsi, come innanzi accennato, quando non è possibile fissare la causa alla prima udienza successiva alla scadenza dei trenta giorni dal deposito dell’ordinanza, ma potrebbe verificarsi anche ove la causa venisse fissata alla prima udienza utile successiva al citato termine di trenta giorni: ciò si verifica nelle ipotesi in cui la prima udienza utile sia successiva di oltre cinque giorni dalla scadenza dei citati trenta giorni: infatti 35 (30+5) meno 15 (o meno 15+10) uguale 20 (o 10), termini questi ultimi corrispondenti agli ordinari termini per il deposito dei documenti e delle memorie previsti dall’art. 23 comma 4° della L. 1034/71.
La memoria del Comune, depositata 14 maggio 2003, non ha comportato alcuna lesione sul termine a difesa della ricorrente previsto in via ordinaria dal citato articolo 23, in quanto la causa era fissata per l’udienza del 10 giugno 2003: essa risulta, quindi, depositata 27 giorni prima dell’udienza.
Può ora procedersi all’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del TAR adito, sollevata dalla difesa del comune, con la citata memoria del 14 maggio.
Sostiene al riguardo che la controversia non rientra nella previsione di cui all’art. 33 del D.Lgs 31 marzo 1998 n. 80 sul rilievo che le prestazioni che doveva assicurare la ricorrente non possono essere definite come gestione di servizio pubblico in quanto di portata assai limitata: consistenti, infatti, nella apertura e chiusura del cancello della discarica, nel ritiro delle bolle di accompagnamento e delle ricevute di pagamento, nel registrare chi accede al sito e nell’incassare i pagamenti.
L’eccezione non può essere condivisa.
Il servizio oggetto degli impugnati provvedimenti rientra nella disposizione di cui all’art. 33 del D.Lgs n. 80 del 1998, il quale, dopo aver disposto, al primo comma, che “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi”, precisa, al comma 2 lett. e), che, in particolare, rientrano nella giurisdizione esclusiva le controversie “riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi”.
Non v’è dubbio che le prestazioni che la società ricorrente ha assicurato nel passato e avrebbe potuto assicurare in futuro, ove non fossero intervenuti gli atti impugnati, sono oggettivamente funzionali all’espletamento di un pubblico servizio, ancorché non comprendenti tutte le attività necessarie per una completa gestione di una discarica di rifiuti.
Nel merito il ricorso è infondato.
Con il primo motivo la ricorrente sostiene che l’Amministrazione comunale anziché adempiere ai propri precedenti atti, provvedendo pur tardivamente alla stipulazione del contratto, li ha implicitamente revocati in assenza di qualunque accettabile motivazione.
Le censure non possono essere condivise.
La società ricorrente, non avendo stipulato con il Comune alcun contratto, ha eseguito in via di mero fatto, per quasi quattro anni, delle prestazioni nell’ambito del servizio di gestione della discarica comunale.
Non essendoci stato alcun contratto tra le parti, che ai sensi dell’art. 3 comma 1° del D.Lgs 17 marzo 1995 n. 157 doveva necessariamente rivestire la forma scritta, la ricorrente non può vantare alcuna posizione di diritto soggettivo circa la continuazione nella esecuzione di prestazioni di fatto.
E’ ben vero che a monte vi erano degli atti, deliberazione di G.M. n. 83 del 3.7.1999 e determinazione n. 112 del 21.7.1999, con i quali il Comune aveva manifestato la volontà di voler affidare il servizio alla ricorrente, purtuttavia essi non hanno avuto la necessaria attuazione con la stipula del relativo contratto con la ricorrente.
Peraltro quest’ultima non risulta si sia attivata per ottenere la stipulazione del contratto.
Poiché gli atti impugnati si fondano proprio su questa situazione di fatto e sulle lamentale dell’utenza in ordine alla gestione del servizio, deve ritenersi che essi contengano la motivazione a giustificazione della loro adozione.
La ricorrente sostiene ancora che il Comune “contraddicendo l’originario progetto per l’espletamento di lavori socialmente utili e i susseguenti atti, implicitamente li revoca”.
L’atto di ritiro per sua natura è di segno opposto rispetto all’atto ritirato, per cui la contraddittorietà tra atti, nella specie, non evidenzia una situazione patologica.
Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che “il provvedimento impugnato, con il quale si revoca l’affidamento alla società ricorrente della gestione della discarica sita in località Baiolis, è illegittimo e/o illecito perché integra gli estremi dell’inadempimento contrattuale dell’amministrazione”.
La doglianza non può essere condivisa.
Nel caso di specie non può ritenersi sussistente alcun inadempimento contrattuale proprio perché tra Comune e ricorrente non era stato stipulato alcun contratto; vi era soltanto la manifestazione di volontà di Comune di voler affidare il servizio alla ricorrente, non culminata con la stipulazione del relativo contratto.
Con il terzo motivo la ricorrente ritiene che il Comune sia incorso quantomeno in responsabilità precontrattuale, perché, a suo avviso, la mancata stipulazione del contratto sarebbe da imputare unicamente a colpa dell’Amministrazione.
La doglianza non può essere accolta.
La mancata stipulazione del contratto, da quanto emerge dagli atti di causa, è da collegare all’inerzia di entrambe le parti.
La ricorrente non fornisce, infatti, alcuna prova a sostegno della propria asserzione ed in particolare non ha neppure dimostrato di aver richiesto al Comune la stipulazione del contratto in questione. I documenti depositati in giudizio riguardano l’espletamento del servizio in via di mero fatto.
Per le suesposte considerazioni deve essere respinta la domanda di annullamento degli atti impugnati e la domanda risarcitoria, proposta in via principale per responsabilità contrattuale ed in via subordinata per responsabilità precontrattuale del Comune.
Le spese del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA
Respinge il ricorso in epigrafe.
Compensa interamente fra le parti le spese e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 10 giugno 2003 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l'intervento dei signori:
Paolo Turco, presidente;
Manfredo Atzeni, consigliere;
Francesco Scano,
consigliere, estensore.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA OGGI : 29 agosto 2003
IL SEGRETARIO GENERALE