REPUBBLICA ITALIANA N. 290/2000 Reg. Ric.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. Reg. Sez.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’EMILIA-ROMAGNA N. 1024 Reg. Sent.
SEZIONE I Anno 2003
composto dai signori:
Dott. Bartolomeo Perricone Presidente
Dott.ssa Rosaria
Trizzino Consigliere
Dott. Carlo
Testori Consigliere rel.est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 290 del 2000 proposto da Sbrighi Amedeo, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Carullo, presso il quale è elettivamente domiciliato in Bologna, Strada Maggiore n. 47,
contro
A.N.A.S. – Ente nazionale per le strade e Prefettura di Forlì-Cesena, costituitisi in giudizio in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato in Bologna, presso i cui uffici sono domiciliati in via G. Reni n. 4,
e nei confronti
del Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro - Conscoop - di Forlì, costituitosi in giudizio in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandro Paolini ed Elisabetta Lorenzoni e presso quest’ultima elettivamente domiciliato in Bologna, via de’ Gombruti n. 7,
per l'annullamento
- dei provvedimenti del Prefetto della provincia di Forlì-Cesena n. 117/971-2 del 30/9/1997 e n. 26/98/1-2 del 16/3/1998, conosciuti dal ricorrente in data 26/1/2000 a seguito di istanza di accesso agli atti, con cui viene disposta l'occupazione temporanea e d’urgenza dei terreni di proprietà del ricorrente, necessari alla realizzazione dei lavori di costruzione della variante alla S.S. 9 di Cesena - lotto 3°, dal km. 5+256,2 al km. 9+619,81;
- nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, in particolare del provvedimento del 15/4/1998, mai notificato ricorrente, con cui si invita il ricorrente ad intervenire al sopralluogo per la redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione nel possesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto successivamente notificato e depositato con cui il ricorrente:
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.N.A.S. – Ente nazionale per le strade e della Prefettura di Forlì-Cesena, nonché del Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro - Conscoop - di Forlì;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Cons. Carlo Testori;
Uditi alla pubblica udienza del 10 luglio 2003 l’Avv. A. Carullo, l’Avv. dello Stato S. Cappelli e l’Avv. A. Paolini;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1) Il sig. Amedeo Sbrighi è comproprietario per 1/3 di terreni siti in Cesena e interessati dalla realizzazione dei lavori di costruzione della variante alla S.S. 9 di Cesena - lotto 3°, dal km. 5+256,2 al km. 9+619,81.
2) Con l'atto introduttivo del presente giudizio il predetto ha impugnato i provvedimenti adottati dal Prefetto della provincia di Forlì-Cesena con i quali l’ANAS - Compartimento della Viabilità per l'Emilia Romagna è stato autorizzato all'occupazione temporanea e d'urgenza dei terreni necessari per l'esecuzione dell'opera pubblica in questione, tra i quali appunto quelli di cui egli è comproprietario. Contro tali atti, la cui conoscenza è stata acquisita a seguito di istanza di accesso, il sig. Sbrighi ha formulato censure di violazione di legge sotto diversi profili.
Si sono costituiti in giudizio l’ANAS e la Prefettura di Forlì-Cesena, chiedendo con memoria formale la reiezione del ricorso; l'Avvocatura dello Stato ha successivamente depositato una documentata relazione della Prefettura.
3) Con decreto datato 19 marzo 2003 e notificato al sig. Amedeo Sbrighi il 19 maggio successivo il Prefetto di Forlì-Cesena, su istanza del Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì – capogruppo dell'associazione temporanea di imprese aggiudicataria dell'appalto dei lavori di cui si tratta, incaricata di svolgere tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie relative al perfezionamento delle procedure espropriative connesse ai lavori medesimi - ha disposto l'espropriazione a favore del demanio pubblico dello Stato (tra gli altri) degli immobili del ricorrente già oggetto di occupazione temporanea e d'urgenza.
Tale provvedimento è stato impugnato dal predetto nel giudizio già pendente con atto recante motivi aggiunti notificato, oltre che all’ANAS ed alla Prefettura di Forlì-Cesena, anche al Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì. Contro il decreto di esproprio il sig. Sbrighi ha proposto censure di illegittimità derivata e per vizi propri, formulando altresì articolate domande risarcitorie.
Con separato atto il predetto ha inoltre esteso il contraddittorio sull'originario ricorso anche al menzionato Consorzio, notificando copia dell'atto introduttivo del giudizio.
Il Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì si è costituito eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando comunque l'ammissibilità e la fondatezza del ricorso.
La difesa del ricorrente ha depositato una memoria conclusiva in vista dell'udienza del 10 luglio 2003, in cui la causa è passata in decisione.
D I R I T T O
1) Prima di trattare del merito della causa, occorre esaminare l'eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata nell'atto di costituzione in giudizio dal Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì, al quale il ricorrente ha notificato l'atto di motivi aggiunti con cui ha esteso l'impugnazione al decreto di espropriazione adottato successivamente all'instaurazione del presente giudizio, nonché - con separato atto - il ricorso originario.
L'eccezione è, ad avviso del Collegio, infondata.
Sotto un primo profilo va evidenziato che la difesa del Consorzio invoca, a fondamento della eccepita carenza di legittimazione, le disposizioni di cui agli artt. 53 e 54 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), ma le due norme (recanti rispettivamente "Disposizioni processuali" e "Opposizioni alla stima") non sembrano costituire ostacolo alla partecipazione del Consorzio stesso al presente giudizio, né il generico richiamo ad esse operato consente di individuare gli specifici profili ostativi che tale soggetto intenderebbe far valere.
Quanto all'attività svolta dal Consorzio nell'ambito della procedura espropriativa di cui si controverte, si deve osservare che allo stesso – capogruppo dell’a.t.i. aggiudicataria dei lavori ai quali la procedura predetta è finalizzata - sono demandate, secondo quanto riportato nell’impugnato decreto prefettizio di espropriazione con richiamo all’art. 9 del Capitolato speciale d'appalto relativo ai lavori medesimi, “tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie, eventualmente anche in sede contenziosa, per il perfezionamento delle procedure espropriative e delle connesse occupazioni temporanee ed asservimenti definitivi occorrenti per l'esecuzione" delle opere in questione. In tale veste il consorzio ha chiesto l'adozione del decreto di esproprio e dunque appare quantomeno configurabile come contraddittore necessario, in quanto interessato ad evitare la caducazione del provvedimento impugnato e le possibili conseguenze che da ciò potrebbero derivare, in ordine sia all'esecuzione dei lavori, sia alle eventuali responsabilità in rapporto alle posizioni degli altri soggetti coinvolti.
Sull'argomento merita da ultimo di essere evidenziato (pur in assenza di specifiche contestazioni) che non incide negativamente sulla partecipazione del Consorzio al giudizio la circostanza che il decreto di espropriazione sia stato impugnato con atto recante motivi aggiunti in una causa già pendente tra parti non esattamente coincidenti con quelle coinvolte nell'impugnazione del nuovo provvedimento. E’ evidente che nell'estendere l'impugnativa il ricorrente si è avvalso della disposizione di cui all'art. 21 comma 1 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, novellato dall'art. 1 della legge 21 luglio 2000 n. 205, che fa appunto riferimento a "Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso……"; come osservato, in termini certamente condivisibili, dalla VI Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza 22 ottobre 2002 n. 5813 “l’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa avverso atti diversi……risponde ad esigenze di economia processuale, ed è l’alternativa alla riunione di distinti ricorsi relativi ad atti connessi, sicché va interpretato in senso estensivo;……ove i motivi aggiunti avverso atti diversi siano ritualmente notificati, gli stessi non differiscono da un atto di ricorso, sicché anche se riguardano parti diverse da quelle originarie, possono essere assunti in trattazione, secondo l’apprezzamento del giudice, ove vi siano ragioni di connessione, dovendosi in tal caso ritenere adottato un tacito provvedimento giudiziale di riunione di ricorsi distinti”.
2.1) Con il ricorso notificato e depositato nel febbraio 2000 il sig. Amedeo Sbrighi ha formalmente impugnato i decreti, rispettivamente del 30 settembre 1997 e del 16 marzo 1998, con cui il Prefetto della provincia di Forlì-Cesena ha autorizzato l’ANAS ad occupare in via temporanea e d'urgenza i terreni di cui il predetto è comproprietario per 1/3. Tali provvedimenti erano finalizzati alla realizzazione dei lavori di costruzione della variante alla S.S. 9 di Cesena - lotto 3°, dal km. 5+256,2 al km. 9+619,81; il relativo progetto è stato approvato, agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità - come chiaramente risulta dai citati decreti prefettizi - dall'Amministratore dell'Ente nazionale per le strade con decreto del 25 marzo 1997 n. 1127. Ed in effetti una larga parte delle censure formulate nel ricorso riguarda presunti vizi del presupposto atto dichiarativo della pubblica utilità dell'opera, destinati a riflettersi in via derivata sui conseguenziali provvedimenti autorizzativi dell’occupazione.
La circostanza, peraltro, che il citato decreto dell'Amministratore dell’ANAS n. 1127 del 1997 non figuri nell'epigrafe del ricorso, né sia espressamente menzionato nello stesso, non determina l'inammissibilità delle censure in questione. Il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, VI Sez., 6 agosto 2002 n. 4094 e 5 gennaio 2001 n. 25) secondo cui l'oggetto del giudizio deve essere individuato in base a criteri sostanziali e non formali, verificando, anche in base ai motivi, gli atti (pur non espressamente indicati tra quelli impugnati) contro i quali il ricorrente ha mosso specifiche doglianze, consente di ritenere che anche l'atto di approvazione del progetto relativo ai lavori di cui si tratta - agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità - va ricompreso tra i provvedimenti impugnati con l'originario ricorso, unitamente ai decreti prefettizi che hanno autorizzato l’ANAS ad occupare in via temporanea e d'urgenza i terreni del ricorrente.
2.2) Le censure formulate con l'atto introduttivo del giudizio sono infondate.
Con il primo motivo si deduce l'illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto il ricorrente, pur avendone titolo quale comproprietario dei terreni interessati dall'intervento espropriativo, non ha mai ricevuto alcuna notifica dei relativi atti e, in particolare, dell’atto approvativo del progetto, comportante dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere.
In proposito si osserva che secondo l'univoco orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le più recenti T.A.R. Napoli 22 gennaio 2002 n. 388; T.A.R. Latina 12 novembre 2001 n. 908) la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza deve essere notificato al privato proprietario del terreno, in quanto produce nei suoi confronti effetti giuridici lesivi immediati e diretti; l'omissione di tale adempimento, peraltro, influisce solo sul decorso dei termini per l'impugnazione, ma non costituisce vizio di legittimità (cfr. T.A.R. Reggio Calabria 29 ottobre 1998 n. 1347).
In sostanza, dunque, la mancata notifica degli atti inerenti alla procedura espropriativa di cui si tratta consente di non ritenere tardivo il ricorso proposto, ma non pregiudica di per sé sola la legittimità degli atti impugnati.
2.3) Non sussiste la prospettata violazione dell'art. 13 della legge n. 2359/1865. Nel provvedimento - depositato dall'Avvocatura dello Stato il 10 maggio 2003 - n. 1127 del 25/3/1997 con cui l'Amministratore dell’ANAS ha approvato il progetto dei lavori di cui si tratta (con effetto dichiarativo della pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità) sono puntualmente fissati, all'articolo 2, i termini di inizio e di completamento dei lavori e delle espropriazioni.
2.4) Va superata anche la censura relativa alla presunta violazione dell'art. 20 della legge n. 865/1971. Il riferimento, contenuto nei decreti prefettizi impugnati, alla data del 24/3/2003 non confligge con la previsione di cui al secondo comma del citato art. 20, a tenore del quale: "L'occupazione può essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione nel possesso". Si deve infatti considerare che tale riferimento va presumibilmente collegato alla scadenza del termine per il compimento delle espropriazioni e che dunque di per sé non è ostativo alla applicazione della disposizione invocata nel ricorso. In ogni caso a pag. 2 del gravame si precisa che per la redazione dello stato di consistenza e per l'immissione nel possesso l’ANAS aveva fissato la data del 20 maggio 1998; e rispetto a tale data l'indicazione del 24 marzo 2003 contenuta nei decreti prefettizi non supera il limite quinquennale di cui all'art. 20.
2.5) Con il motivo rubricato nel ricorso sub IV) si deduce "che prima dell'adozione del decreto…… impugnato il Prefetto di Forlì-Cesena non ha neanche provveduto a dare comunicazione al ricorrente dell'avvio del procedimento". La censura è puntualmente riferita all'operato del Prefetto e dunque investe esclusivamente gli impugnati provvedimenti autorizzativi dell'occupazione d'urgenza; peraltro, come precisato nella decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 settembre 1999 n. 14 - citata anche del ricorrente - il giusto procedimento, caratterizzato dalla fase partecipativa di cui il ricorrente lamenta la mancanza nel caso di specie, non ha ragion d'essere in rapporto all'occupazione d'urgenza, ma riguarda piuttosto il precedente ambito della dichiarazione di pubblica utilità.
2.6) Le censure di cui ai punti V) e VI) riguardano l'asserita non conformità dell'opera da realizzare rispetto alle previsioni del vigente PRG o, quantomeno, l'inefficacia dell'approvazione del progetto in variante allo strumento urbanistico generale, per mancanza dell'approvazione regionale.
Attesa la carenza di qualsiasi supporto probatorio alle doglianze in questione, che risultano oggetto di mere affermazioni prive di ogni riscontro documentale (almeno per quanto riguarda la destinazione urbanistica dei terreni del ricorrente), le stesse non possono essere accolte.
2.7) Anche la prospettata violazione dell’art. 7 della legge n. 109/1994 non appare ravvisabile, tenuto conto in particolare degli ampi riferimenti alla predetta disposizione - e segnatamente al terzo comma - contenuti nel provvedimento n. 1127 del 25/3/1997 con cui l'Amministratore dell’ANAS ha approvato il progetto relativo ai lavori di cui si controverte. Del tutto generica è poi la censura relativa alla pretesa violazione dell'art. 1 della legge n. 1/1978.
2.8) Quanto alla dedotta violazione dell'art. 14 della legge n. 109/1994, si deve evidenziare che - come prescritto dall'art. 1 comma 9 del D.L. n. 101/1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 216/1995 (cd. legge Merloni-bis) - la disposizione citata ha trovato applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione della medesima legge quadro; e che il D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 è successivo ai provvedimenti impugnati.
2.9) In conclusione, va respinta perché infondata l'azione impugnatoria proposta con l'atto introduttivo del giudizio contro i decreti prefettizi che hanno autorizzato l'occupazione temporanea e d'urgenza dei terreni di cui il ricorrente è comproprietario (nonché, almeno implicitamente, contro il presupposto provvedimento dell’ANAS di approvazione – anche agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità - del progetto relativo ai lavori di costruzione della variante alla S.S. 9 di Cesena - lotto 3°, dal km. 5+256,2 al km. 9+619,81).
3.1) Con decreto prot. n. 2710/W/2003/Serv. Amm. G.A.C., rep. n. 4402 del 19/3/2003, notificato in data 19/5/2003, il Prefetto della provincia di Forlì-Cesena ha disposto - su richiesta del Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì - l'espropriazione, a favore del demanio pubblico dello Stato, degli immobili di cui il ricorrente è comproprietario.
Il sig. Amedeo Sbrighi ha impugnato tale provvedimento nel giudizio già pendente attraverso motivi aggiunti, con i quali deduce in primo luogo l'illegittimità del decreto di esproprio in via derivata dalla illegittimità dei presupposti atti della procedura espropriativa, già impugnati con l'originario ricorso. La reiezione delle censure formulate nell'atto introduttivo del giudizio, peraltro, comporta l'infondatezza di tale motivo aggiunto.
3.2) Secondo il ricorrente il decreto prefettizio di esproprio è comunque viziato anche in via autonoma, innanzitutto per violazione dell'art. 13 della legge n. 2359/1865, con specifico riferimento alla circostanza che il provvedimento in questione è stato adottato dopo la scadenza dei termini fissati dall’ANAS nell'atto n. 1127 del 25/3/1997 con cui era stato approvato il progetto relativo ai lavori di cui si controverte, anche agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità.
La censura è fondata. Nel citato provvedimento dell'Amministratore dell’ANAS il termine entro il quale dovevano compiersi le espropriazioni è stato fissato in 2160 giorni dalla data del provvedimento stesso (25 marzo 1997). Il termine in questione è dunque scaduto il 22 febbraio 2003, cioè prima dell'adozione del decreto di esproprio, datato 19 marzo 2003, e anche prima dell'istanza del 12 marzo 2003 a tal fine presentata dal Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì. In sostanza, il Prefetto di Forlì-Cesena ha disposto l'espropriazione 2185 giorni dopo la data della dichiarazione di pubblica utilità delle opere di cui si tratta, cioè 25 giorni dopo la scadenza del termine prefissato. Quali le conseguenze?
L'art. 13 della legge n. 2359/1865 stabilisce al terzo comma: “Trascorsi i termini, la dichiarazione di pubblica utilità diventa inefficace e non potrà procedersi alle espropriazioni se non in forza di una nuova dichiarazione ottenuta nelle forme prescritte dalla presente legge”.
In proposito si osserva:
- secondo l'unanime orientamento giurisprudenziale i termini per l'inizio dei lavori e delle procedure espropriative hanno natura meramente ordinatoria e sollecitatoria (tra le più recenti cfr. Consiglio di Stato, V Sez. 25 gennaio 2002 n. 399; VI Sez. 30 dicembre 2002 n. 8219);
- diversamente, sono perentori i termini fissati per il completamento dei lavori e delle procedure in questione (cfr. Consiglio di Stato, VI Sez. 10 ottobre 2002 n. 5443; Cassazione civile, I Sez. 19 febbraio 2003 n. 2470); ciò trova giustificazione nell'esigenza di limitare - in ossequio al disposto dell’art. 42 comma 3 della Costituzione - il potere discrezionale della pubblica amministrazione, al fine di evitare di mantenere i beni espropriabili in stato di soggezione a tempo indeterminato; e risponde all'ulteriore finalità di tutelare l'interesse pubblico a che l'opera venga eseguita in un arco temporale ritenuto congruo per l'interesse generale, in rapporto ad evidenti ragioni di serietà dell'azione amministrativa;
- il decorso dei menzionati termini perentori comporta l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e dunque l'adozione del decreto di esproprio dopo tale scadenza, quando è ormai venuto meno l'imprescindibile presupposto su cui deve necessariamente fondarsi la legittimità del provvedimento conclusivo della procedura ablatoria, non può che viziare quest'ultimo, determinandone l'illegittimità (in tal senso si è già espresso questo Tribunale nella sentenza 4 luglio 2001 n. 536, che sul punto ha trovato conferma in sede di appello nella decisione del Consiglio di Stato, VI Sez. 10 ottobre 2002 n. 5443);
- l'impugnato decreto di esproprio adottato dal Prefetto di Forlì-Cesena tardivamente rispetto alla scadenza del termine per il compimento delle espropriazioni fissato nel presupposto atto dichiarativo della pubblica utilità è dunque illegittimo per le ragioni illustrate.
3.3) Secondo quanto prospettato nei motivi aggiunti l'art. 13 della legge n. 2359/1865 risulterebbe violato anche per l'inosservanza del termine fissato nella dichiarazione di pubblica utilità per il compimento dei lavori; alla scadenza dei 1800 giorni prefissati, infatti, l'opera non sarebbe stata ancora ultimata. La censura non può trovare accoglimento perché forma oggetto di mere asserzioni e non è fornita di alcun supporto probatorio.
3.4) In ogni caso la riconosciuta fondatezza del motivo esaminato al precedente punto 3.2) è sufficiente per accogliere l'azione impugnatoria proposta, attraverso motivi aggiunti, contro l'impugnato decreto prefettizio di esproprio. Gli ulteriori motivi dedotti possono dunque essere assorbiti, tenuto comunque conto che, per la quasi totalità, essi costituiscono riproposizione delle censure già formulate nell'atto introduttivo del giudizio e ritenute infondate dal Collegio.
4.1) Nell'atto depositato il 13 giugno 2003, con cui ha esteso l'impugnativa anche al decreto di esproprio, il ricorrente ha altresì formulato articolate istanze risarcitorie, chiedendo:
- in via principale la condanna delle amministrazioni convenute alla reintegrazione della situazione originaria, mediante restituzione delle aree illegittimamente espropriate e risarcimento dei danni comunque procurati al ricorrente;
- in via subordinata la condanna delle amministrazioni predette all’integrale risarcimento dei danni per equivalente, con riferimento alla quantificazione operata nella perizia depositata.
4.2) La domanda risarcitoria proposta in via principale non può trovare accoglimento. Essa è stata formulata nel presupposto che nella vicenda di cui si controverte si è concretato un fenomeno di occupazione usurpativa dei terreni del ricorrente, che al contrario non appare riscontrabile. Il fenomeno in questione è infatti correlato alla mancanza in radice della dichiarazione di pubblica utilità (cfr. Cassazione, I Sez. 12 dicembre 2001 n. 15687); si parla invece di occupazione acquisitiva quando, pur sussistendo originariamente una dichiarazione di tal genere, si è verificata una irreversibile trasformazione del bene occupato senza che nei termini prescritti sia stata pronunciata l'espropriazione (cfr. T.A.R. Bologna, I Sez. 4 luglio 2001 n. 536). Nel caso di specie non è mancata una valida dichiarazione di pubblica utilità a supporto della procedura espropriativa avviata nei confronti del ricorrente, né tale dichiarazione è stata successivamente annullata in sede giurisdizionale; essa è, più semplicemente, divenuta inefficace per l'inutile decorso dei termini fissati per il compimento delle espropriazioni. Ciò non comporta l'illegittimità ab origine dell'occupazione e gli effetti prodotti nel periodo di occupazione autorizzata presentano carattere di legittimità e sono improduttivi di danni ai sensi dell’art. 2043 cod.civ. (cfr. la citata decisione di questa Sezione n. 536/2001 e la successiva 24 maggio 2002 n. 777, con le sentenze ivi richiamate della Cassazione, I Sez. 12 giugno 1998 n. 5879 e 19 maggio 1998 n. 4985; nonché Cass., I Sez. 15 luglio 2002 n.10251). Semmai, dunque, nel caso in esame potrebbe configurarsi un'ipotesi di occupazione acquisitiva.
In ogni caso la domanda di reintegrazione in forma specifica non può essere accolta non solo (e non tanto) perché le affermazioni del ricorrente secondo cui l'opera da realizzare non sarebbe stata ultimata risultano (come già rilevato) prive di alcun supporto probatorio, ma anche e soprattutto perché il predetto è solo comproprietario per 1/3 dei beni occupati e dunque, non avendo gli altri comproprietari fatto valere in giudizio analoghe pretese, non si può operare una restituzione integrale, non richiesta, dei beni in questione, oppure procedere ad una restituzione parziale, a cui il ricorrente non fa neppure cenno e di cui sarebbe comunque materialmente impossibile definire le modalità.
4.3) Occorre quindi esaminare la domanda di risarcimento per equivalente.
Prima però di verificare se sussistono o meno i presupposti per riconoscere la responsabilità dei soggetti convenuti in giudizio al fine di stabilire poi, eventualmente, modalità e quantificazione del risarcimento in relazione ai danni ingiustamente subiti dal ricorrente, è necessario individuare tra i soggetti in questione quelli alla cui condotta potrebbe essere imputata la responsabilità risarcitoria di cui si discute. In proposito assume specifico rilievo il rapporto contrattuale intercorrente tra l’ANAS e l'Associazione temporanea di imprese "Cons. Coop. Prod. Lavoro – Baldassini-Tognozzi – Soc. Coop. Braccianti Riminesi – S.C.O.T.”, che risulta aggiudicataria dei lavori di cui si controverte ed il cui mandatario - Consorzio fra cooperative di produzione di lavoro di Forlì - ha chiesto alla Prefettura di Forlì di decretare l'esproprio degli immobili del ricorrente. Come rilevato infatti al precedente punto 1), secondo l’impugnato decreto prefettizio di espropriazione il Consorzio predetto è stato incaricato, ai sensi dell’art. 9 del Capitolato speciale d'appalto relativo ai lavori in questione ed in base al contratto rep. n. 613 del 13/5/1999 stipulato tra l'Ente nazionale per le strade e la suindicata A.T.I., “di svolgere tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie, eventualmente anche in sede contenziosa, per il perfezionamento delle procedure espropriative e delle connesse occupazioni temporanee ed asservimenti definitivi occorrenti per l'esecuzione" delle opere de quibus. Poiché tale riferimento, per quanto puntuale, non appare sufficiente a identificare con certezza le caratteristiche del rapporto instaurato tra i menzionati soggetti, con specifico riferimento ai poteri attribuiti a ciascuno di essi nell'ambito della procedura espropriativa di cui si tratta, è necessario disporre istruttoria sul punto.
A tal fine il Collegio ritiene necessario ordinare all’ANAS di depositare in giudizio copia degli atti che regolano il rapporto contrattuale intercorrente tra l’ANAS medesimo, l'associazione temporanea di imprese aggiudicataria dei lavori e, per essa, il Consorzio fra cooperative di produzione di lavoro di Forlì e, in particolare, del Capitolato speciale d'appalto e del contratto rep. n. 613 del 13/5/1999 più sopra citati.
Per l'adempimento appare adeguato fissare il termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, pronunciandosi sul ricorso in epigrafe:
1) respinge l'azione impugnatoria proposta con l'atto introduttivo del giudizio;
2) accoglie l'azione impugnatoria proposta con atto di motivi aggiunti contro il decreto prot. n. 2710/W/2003/Serv. Amm. G.A.C., rep. n. 4402 del 19/3/2003 con cui il Prefetto della provincia di Forlì-Cesena ha espropriato gli immobili di proprietà del ricorrente e conseguentemente annulla il citato provvedimento;
3) respinge la domanda di reintegrazione in forma specifica proposta in via principale con i medesimi motivi aggiunti;
4) in ordine alla domanda di risarcimento per equivalente formulata in via subordinata dispone istruttoria a carico dell’ANAS, in persona dell'Amministratore p.t., nei termini stabiliti in motivazione al punto 4.3);
5) rinvia alla pronuncia definitiva ogni statuizione sulle spese del giudizio:
6) fissa per l’ulteriore trattazione della causa nel merito la pubblica udienza del 12 febbraio 2004.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna il 10 luglio 2003.
Presidente f.to Bartolomeo Perricone
Consigliere rel.est. f.to Carlo Testori
Depositata in Segreteria in data 21 GIU 2003
Bologna, li 21 GIU 2003
Il Segretario
f.to Silvia
Lazzarini