REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE
CENTRALE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Sergio M. PISANA Consigliere
Dott. Camillo LONGONI Consigliere relatore
Dott. Antonio D'AVERSA Consigliere
Dott. Augusto SANZI Consigliere
ha pronunciato la seguente
Nel giudizio di responsabilità
amministrativa iscritto al n.012363 del registro di Segreteria e promosso, con
atto d'appello depositato il 9.5.2000, dal sig. SAVINI Giorgio, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Andrea Pavanini e Luigi Manzi avverso la sentenza parziale
n. 447/EL/00 del 9.6.1999/21.3.2000 della Sezione giurisdizionale per il
Veneto;
Visto il predetto atto d'appello;
Vista la sentenza impugnata;
Viste le conclusioni del Procuratore
Generale;
Visti gli altri atti e documenti di
causa;
Uditi, all'udienza del 14 novembre
2002, il relatore cons. dr. Camillo Longoni, l'avv. Salvo Di Mattia per delega
dell'avv. Manzi, e il P.M. nella persona del V. Procuratore Generale Mario
Condemi;
Ritenuto in
Deduceva l'attore che ciò era stato possibile
in quanto l'Ufficio anagrafico, in violazione dell'art. 23 del R.D. 24.4.1927,
n. 677, aveva omesso di comunicare alla D.P.T. l'avvenuta morte della titolare
del trattamento pensionistico.
Dopo la scoperta del fatto, avvenuto
nell'aprile del 1994, la D.P.T. invitava la sig.a Matarelli alla restituzione
di quanto indebitamente riscosso abusando della delega di cui all'art. 16 del
D.P.R. n. 429 del 1986.
All'attualità, a seguito di parziale
rimborso, risulta ancora un debito di £ 67.220.260.
Con sentenza parziale n. 447/EL/2000 in
data 21.3.2000, la Sezione veneta si pronunciava nei termini seguenti sulle
eccezioni preliminari sollevate dalla difesa del convenuto: dichiarava la
giurisdizione di questa Corte nella considerazione che il danno non incideva su
ente diverso da quello di appartenenza a causa dell'esistenza di un rapporto
“funzionale di servizio” intercorrente tra il servizio anagrafico e la DPT;
rigettava l'eccezione di intervenuta prescrizione sia perché il danno era
avvenuto non il 3.10.1988 ma “in più riprese a seguito di più eventi riportati
nel tempo” sia perché, dipendendo il danno da fatto doloso della sig.a
Matarelli, la prescrizione, ai sensi dell'art.1 comma 2 della legge 20/1994,
iniziava a decorrere dalla sua scoperta. Ciò in quanto, pur riportandosi il
fatto al “dolo del terzo”, esso ha comunque
impedito l'esercizio dell'azione.
Avverso la menzionata sentenza parziale
il Savini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Pavanini e Luigi Manzi,
ha proposto appello, con atto depositato il
9.5.2000.
Deduce nuovamente l'appellante il
difetto di giurisdizione, sostenendo che il danno si riferisce ad
Amministrazione diversa da quella di appartenenza e si è determinato in data
anteriore all'entrata in vigore della legge 14 gennaio 1994, n.19. Non è
comunque configurabile nel caso di specie un rapporto di servizio.
Viene, quindi, nuovamente eccepita la
prescrizione quinquennale e si contesta la tesi seguita dalla sentenza secondo
la quale l'occultamento doloso del fatto anche se compiuto da un “terzo” vale
ad impedire il decorso della prescrizione, dovendosi aver riguardo, invece,
solo al dolo dell'agente nei cui confronti si procede.
Si conclude, pertanto, chiedendo che,
in riforma della impugnata sentenza, venga dichiarato il difetto di
giurisdizione ed in via subordinata la prescrizione dell'azione.
La Procura Generale, nelle proprie
conclusioni depositate il 18 settembre 2000, ha sostenuto l'infondatezza della
eccezione di difetto della giurisdizione, mentre ha aderito alla prospettazione
dell'appellante per quanto riguarda il soggetto responsabile del dolo. Con
memoria depositata il 25.5.2001 il P.M. di udienza ha invece concluso, “re
melius perpensa”, sostenendo l'infondatezza anche dell'eccezione di
prescrizione nel riflesso che si prescinde, nel caso di occultamento doloso,
dal soggetto che ha occultato dolosamente il danno.
Con ordinanza n. 29/2001/A questa
Sezione, nella camera di consiglio seguita all'udienza del 30 maggio 2001,
sospendeva il giudizio fino all'esito del ricorso in Cassazione proposto dalla
Procura Generale per l'annullamento della sentenza della Sezione per la Sicilia
n. 23/A/2000 dell'11.01.2000 che in analoga fattispecie aveva declinato la
propria giurisdizione, negando la sussistenza di un rapporto di servizio tra
l'Ufficio anagrafe e la DPT.
Avendo la Corte Suprema con sentenza n.
16216/01 del 28.12.2001 dichiarato la giurisdizione della Corte dei Conti, il
presente giudizio è stato riassunto con atto depositato il 20.02.2002 della
Procura Generale.
Con memoria depositata il 23.10.2002,
l'appellante ribadisce la fondatezza delle eccezioni sollevate già in primo
grado.
Nega, in particolare, che il rapporto
tra due Amministrazioni (nella specie, Ufficio anagrafe e DPT) sia
qualificabile come “avvalimento di uffici”. Si è, invece, in presenza
dell'ottemperanza ad obblighi imposti da norme sulla competenza dell'una e
dell'altra amministrazione. Il risultato dell'attività di un determinato
Ufficio assume, infatti, una oggettività che non vale ad incorporare l'ufficio
che lo ha prodotto nel procedimento o nella struttura dell'Amministrazione che
lo utilizza. Nella vicenda de qua è il risultato dell'attività dell'anagrafe
che viene utilizzato dall'amministrazione del Tesoro, non i funzionari
dell'anagrafe.
Quanto all'eccezione di prescrizione,
l'appellante richiama la giurisprudenza della Cassazione secondo cui
l'occultamento doloso deve riferirsi sempre ed esclusivamente al dolo del
debitore.
Nella fattispecie, poi, il dolo del
terzo spezza inesorabilmente -secondo l'appellante- il nesso di causalità tra
la supposta negligenza del funzionario e l'evento causativo del danno.
All'odierna udienza dibattimentale sono
intervenuti l'avv. Salvo Di Mattia per delega dell'avv. Manzi e il P.M.. Il
difensore ha osservato che il caso esaminato dalla Cassazione non è analogo a
quello in predicato. Quanto alla prescrizione, ha ribadito gli argomenti
difensivi degli atti scritti, precisando che la morte della titolare della
pensione risale al 1988, mentre la citazione è del 1999.
Il P.M. ha ribadito gli argomenti degli
atti scritti, chiedendo il rigetto della prescrizione.
Considerato in
Va esaminata, anzitutto, la questione
pregiudiziale relativa alla giurisdizione sulla cui carenza in capo a questo
giudice insiste l'appellante.
L'eccezione è infondata.
E' vero che il principio generale della
responsabilità dell'amministratore o del funzionario pubblico per i danni dagli
stessi cagionati ad amministrazioni dello Stato o ad enti pubblici, diversi da
quelli di appartenenza, è stato introdotto con l'art. 1 della legge n. 20 del
1994, ossia in epoca successiva ai fatti di causa.
Ma tale assunto non vale a sottrarre il
caso de quo alla giurisdizione del giudice contabile.
Infatti, per giurisprudenza costante è da
sempre considerato “ius receptum” che per l'insorgenza della responsabilità
amministrativa e, quindi, della giurisdizione contabile è premessa
indispensabile che l'autore del danno versi in una delle seguenti condizioni:
a- di appartenenza strictu iure, a vario titolo ( pubblico impiego, rapporto
organico) all'amministrazione danneggiata;b- di relazione funzionale
caratterizzata dal suo inserimento nell'iter procedimentale di atti di
competenza di amministrazione pubblica a lui formalmente estranea ( cfr.cass.SS.UU.n.4060
del 1993, n.9751 del 1994 e n.926 del 1999) Orbene, nella fattispecie all'esame
di questo Collegio giudicante , non v'è dubbio che il presente autore del
danno, pur appartenendo ad una amministrazione diversa da quella danneggiata,
si presenti legato a quest'ultima da una relazione del tipo di cui sub b, tale
da renderlo compartecipe dell'attività amministrativa dell'amministrazione
danneggiata.
Tale orientamento trova pieno conforto
nella decisione della Corte di Cassazione (S.U. n.16216 del 28.12.2001) in
attesa della quale questo giudizio era stato sospeso.
In un caso del tutto identico, il
giudice della legittimità ha infatti riaffermato la giurisdizione del giudice
contabile sulla base delle considerazioni che seguono.
Allorquando in un procedimento
amministrativo di erogazione della spesa pensionistica -come nella
specie-l'amministrazione erogatrice deve necessariamente avvalersi delle
funzioni svolte da un ufficio di altro ente pubblico ( nella specie l'ufficio
anagrafe di un comune, tenuto ai sensi dell'art.. 23 RDL n.165 del 1927 a
comunicare all'amministrazione del tesoro la morte dei pensionati) il titolare
di questo Ufficio, avendo l'obbligo giuridico di osservare un ben determinato comportamento, partecipa
al procedimento di spesa. Ne consegue che può ben considerarsi instaurato un
rapporto di servizio tra quest'ultimo e l'Amministrazione erogatrice.
Ciononostante, la difesa
dell'appellante esclude che nella specie si possa configurare una sorta di
“avvalimento” dell'opera del titolare dell'Ufficio anagrafico da parate
dell'Amministrazione erogatrice, che poteva essere cautelata dalla diligenza
degli operatori postali, tenuti a controllare l'esistenza in vita del
pensionato al momento del pagamento delle competenze a questi intestate.
Il rilievo non è convincente. Appare,
infatti, di tutta evidenza la funzionalità dell'obbligo succitato,
espressamente sancito dal RDL n. 165/1927 , al corretto esercizio dell'attività
dell'Amministrazione erogante, sicchè ogni indebito pagamento conseguente ad
omesse doverose comunicazioni costituisce danno erariale, rapportabile in
astratto ( salvo le verifiche “in fatto”) al comportamento omissivo
dell'Ufficio Anagrafe.
Attese le considerazioni soprasvolte,
l'eccezione de qua deve essere respinta con conseguente riaffermazione dello
“ius dicere” del giudice contabile.
Passando all'esame dell'eccezione di
prescrizione, riproposta in appello dal convenuto Savini, giova ricordare che,
secondo i primi giudici, il fatto dannoso si era determinato non il 13.10.1988,
ma in più riprese, in seguito a molteplici eventi ripartiti nel tempo, come
descritti a pag. 27 della sentenza impugnata.
Al riguardo ritiene il Collegio che
debba focalizzarsi l'attenzione sulle seguenti norme: a - l'art. 2,comma 2,
della legge n 20 del 1994, il quale recita: “il diritto al risarcimento del
danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti ..omissio…in caso di
occultamento doloso del danno dalla data della sua scoperta; b - l'art. 2935
c.c. che pone il principio generale secondo cui la prescrizione comincia a
decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
La prima norma succitata ha un significato più lato rispetto alla norma
civilistica di cui all'art. 2941, n.8
la quale conferisce effetto sospensivo all'occultamento doloso del danno solo
con riferimento al comportamento del
debitore. La legge di riforma della responsabilità amministrativa, per contro,
non riportando alcuna specificazione sull'autore dell'occultamento doloso,
sembra estendere l'operatività sospensiva di tale circostanza anche nei casi in
cui questa non sia riferibile al debitore, quale autore del danno, ma anche ai
soggetti che, con il loro comportamento, abbiano consentito quell'occultamento
doloso.
Tale interpretazione trova la sua
ratio, peraltro, nella particolare complessività dei rapporti intersoggettivi
in materia di azione amministrativa e nella necessità che ogni soggetto
coinvolto in tale azione agisca in scrupolosa conformità ai propri doveri.
Inoltre, il principio succitato secondo
cui “contra non valentem agere non soccurrit paescritio” consente di riportare,
nella specie, l'inizio dell'excursus prescrittivo al momento della effettiva
conoscenza del danno da parte del Procuratore Regionale, indipendentemente dai
motivi e dalle persone autrici dell'occultamento. Il dolo, nella specie, rileva
come fatto obiettivamente impeditivo della proposizione dell'azione.
L'esegesi sistemica della summenzionata
normativa induce, pertanto, a ritenere infondata l'eccezione di prescrizione
sollevata dall'appellante.
Rafforza tale convincimento il fatto
che il Savini, sulla base delle prospettazioni attoree (ovviamente tutte da verificare in sede di
giudizio di merito) avrebbe violato scientemente (ossia con dolo contrattuale)
l'obbligo della comunicazione di dati fondamentali all'Amministrazione
erogatrice della pensione; con ciò ponendo in essere una sorta di concorso
obiettivo esterno nel dolo causativo del danno e nell'occultamento dello
stesso.
Nella logica delle considerazioni
svolte ritiene il Collegio che l'appello proposto dal Savini avverso la
sentenza parziale, che ne occupa, debba essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dei Conti, Sezione II
giurisdizionale centrale, ogni contraria domanda eccezione e difesa reietta,
respinge l'appello proposto dal sig. Savini Giorgio avverso la sentenza
parziale n. 447/EL/00 del 9.6.1999/21.3.2000 della Sezione giurisdizionale per
il Veneto; riafferma la giurisdizione del giudice contabile nella controversia
de qua; condanna il sig. Savini Giorgio alle spese del presente giudizio, che
sino al deposito di questa sentenza ammontano a euro
166,47-------------------------------------------------
(centosessantasei/47).
Così deciso in Roma, nella camera di
consiglio del 14 novembre 2002.
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
F.to Camillo Longoni F.to Tommaso de Pascalis
Depositata
in Segreteria il 9 OTT. 2003
Il
direttore della Segreteria
F.to
Mario Francioni