REPUBBLICA
ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE DI
CONTI SEZ. II GIURISDIZIONALE CENTRALE
Costituita
dai magistrati:
dr. Tommaso
de Pascalis Presidente
dr. Sergio
Maria Pisana Consigliere
dr. Gabriele
De Sanctis Consigliere
dr. Camillo
Longoni Consigliere
rel.
dr. Antonio
D'Aversa Consigliere
ha
pronunciato la seguente
Nel giudizio di responsabilità
amministrativa iscritto al n. 014104 del registro di Segreteria e promosso, con
atto d'appello depositato il 24 luglio 2001, dal sig. VALENTINO Vincenzo e dal
sig. ALICINO Pasquale, rappresentati e difesi dagli avv.ti Chiara Caggiano e
Franco Metta, avverso la sentenza n. 356/01 del 6 marzo/10 aprile 2001 della
Sezione giurisdizionale per la Puglia;
Visto il predetto atto d'appello;
Vista la sentenza impugnata;
Viste le conclusioni del Procuratore
Generale;
Visti gli altri atti e documenti di
causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 6
Marzo 2003, il relatore cons. dr. Camillo Longoni e il P.M. in persona del V.
Procuratore Generale dr. Alfredo Lener; assenti i difensori degli appellanti ;
Con sentenza n. 356/01 del
6.3/10.4.2001 la Sezione giurisdizionale per la Puglia, facendo uso del potere
riduttivo, condannava i sigg. VALENTINO Vincenzo e ALICINO Pasquale al
pagamento, in favore del Comune di
Cerignola, della somma di £ 10.000.000 (oltre a rivalutazione ed interessi) per
avere gli stessi - quali rispettivamente Sindaco e capo dell'Ufficio Tecnico
del Comune all'epoca dei fatti - affidato all'impresa Italtecno alcuni lavori
di pubblica utilità senza alcuna
ordinazione scritta e al di fuori di qualsiasi contratto.
La condanna trae origine dal fatto che
la soc. Italtecno, affidataria nell'anno 1989 del servizio di manutenzione
degli impianti di pubblica illuminazione ed aggiudicataria dei lavori di
ristrutturazione della illuminazione di alcune traverse del corso cittadino (
contratto reg. n.92 del 25 gennaio 1991), era stata informalmente incaricata di
eseguire altri lavori di tipo analogo. Il Comune, però, non essendo stato in
grado di liquidare il corrispettivo per mancanza di fondi, ebbe a subire un
danno pari a £ 44.081.045 relativo ai maggiori esborsi per interessi e spese di
giudizio a seguito dell'avvio dell'inevitabile procedimento ingiuntivo.
Con atto d'appello depositato il 24
luglio 2001 i soccombenti, rappresentati e difesi, dagli avv.ti Chiara Caggiano
e Franco Melta, hanno impugnato la predetta sentenza, contestando, anzitutto,
la riferibilità del danno erariale al loro comportamento. I maggiori esborsi
sarebbero stati originati dalla inadempienza di soggetti diversi, che non
consentirono l'inserimento del credito vantato dalla Italtecno tra i debiti
fuori bilancio e si opposero, poi, in maniera errata ai decreti ingiuntivi,
promossi dalla Italtecno per la vicenda in parola. Si sarebbe, pertanto,
determinata - a giudizio degli appellanti - l'impossibilità di un corretto
svolgimento del processo civile e della conseguente individuazione dei soggetti
veramente responsabili. Non sussiste, infatti, prova di qualsiasi
responsabilità degli attuali appellanti e, meno che mai, di una responsabilità
per dolo o colpa grave.
Affermano conclusivamente gli
appellanti che essi sarebbero stati condannati a titolo di mera responsabilità
oggettiva.
Si chiede, pertanto, la declaratoria
d'insussistenza della loro responsabilità e, ove occorra, l'accoglimento della
richiesta istruttoria di audizione personale di tutti i soggetti, tra i quali
il responsabile legale della Italtecno, in grado di fornire “testimonianze” utili alla ricostruzione dei fatti.
Con atto depositato il 16 maggio 2002
la Procura Generale ha rassegnato le proprio controdeduzioni.
Osserva il Requirente che, in base alle
relazioni del Capo dell'Ufficio Tecnico al Commissario Straordinario n.7925 del
5.10.1993 e n. 7928, l'affidamento dei lavori avvenne senza che la relativa
perizia di variante fosse approvata ( fattura n. 193 del 28 agosto 1991
concernente i lavori eseguiti tra le vie Andorra, Taggia e Candela ) ovvero
senza aver prima reperito i fondi necessari per il finanziamento della spesa
(fatture n. 203 e n. 204 del 5.9.1991 per i lavori riguardanti Via S. Lenardo e
Via Bardonecchia). Non v'è alcun dubbio che in entrambi i casi si sia proceduto
ad affidare “contra legem” ad una impresa, già affidataria di analoghi lavori
nello stesso Comune, ulteriori lavori extra-contratto senza il benché minimo
rispetto delle procedure di gara pubblica e in carenza di qualsiasi atto
deliberativo di copertura finanziaria:
La fattispecie, caratterizzata dalla
grave mancata osservanza delle norme procedurali di affidamento di lavori
pubblici, non consente spazio ad esimenti basate su pretesi vantaggi economici,
né permette di valutare, ai fini di una diversa valutazione del nesso causale,
il comportamento di altri soggetti che non hanno inteso procedere al
riconoscimento di debiti fuori bilancio o che hanno trascurato di proporre
tempestivamente opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall'Italtecno.
Ciò che, infatti, rileva ai fini
dell'affermazione del nesso di causalità è che il comportamento gravemente
omissivo del Sindaco Valentino e del Capo dell'Ufficio Tecnico Alicino, (i
quali hanno scientemente impedito l'avvio e lo svolgimento di regolari
procedure amministrative e contabili di affidamento di pubblici lavori) è stato sufficiente ad attivare il fenomeno
dannoso.
La fattispecie - ribadisce il
Requirente - deve essere inquadrata nel contesto della normativa vigente
all'epoca dei fatti (con particolare riferimento alla legge 24 aprile 1989, n,
144) secondo cui le amministrazioni locali possono effettuare spese
esclusivamente in presenza di apposita deliberazione autorizzativa e del
relativo impegno contabile; sicchè in mancanza di tali presupposti il
conseguente rapporto obbligatorio sarebbe intercorso soltanto tra il privato
fornitore o esecutore dei lavori e l'amministratore o il funzionario che
avessero “ consentito” la fornitura o l'esecuzione dei lavori.
Il Sindaco era a perfetta conoscenza
dei lavori “de quibus” la cui esecuzione non si peritò di impedire. Lo stesso è
a dirsi dell'ing. Alicino . Questi era anch'egli perfettamente consapevole
dell'esecuzione dei lavori, per i quali non erano stati approvati il progetto
suppletivo e la perizia di variante.
Lo svolgersi della vicenda denota lo
scarso interesse e la grave negligenza, con cui sia il Capo
dell'Amministrazione sia il Capo del settore tecnico del Comune hanno curato
gli interessi pubblici, laddove consentirono ad una impresa, sol perché già
operante sul territorio comunale, di avviare ed eseguire lavori di pubblica
utilità di propria iniziativa, al di fuori di ogni copertura giuridica e
finanziaria.
Il Requirente conclude chiedendo il
rigetto dell'appello e la condanna alle spese processuali degli appellanti.
Con fax del 4.3.c.a. l'avv. Caggiano ha
chiesto un rinvio, per motivi di salute, dell'udienza dibattimentale fissata
per la data odierna. Il Collegio, sentito il P.M., ha ritenuto di non accedere
alla richiesta nella considerazione che il mandato difensivo risulta conferito
dagli appellanti anche all'avv. Metta, per il
quale non è dato rilevare un
giustificato impedimento a partecipare
all'udienza dibatti-mentale.
Avviato il dibattimento, è intervenuto
il P.M. il quale ha confermato le argomentazioni scritte.
Considerato in
D I R I T T O
Giova precisare, anzitutto, al fine di una corretta
impostazione della lite che ne occupa, che i soccombenti in primo grado, ora
appellanti, sono stati chiamati in giudizio e condannati per aver essi
ordinato, o tollerato che fossero eseguiti, lavori non autorizzati nelle forme
di legge e senza alcuna copertura finanziaria; con ciò determinando un ingiustificato
ritardo nei pagamenti alla ditta esecutrice dei lavori e, quindi, un maggior
onere, per interessi e spese legali, a carico del Comune beneficiario dei
lavori in parola. Esula, quindi, dal “petitum” risarcitorio ogni riferimento ai
lavori in sé, la cui “utilitas” è stata di fatto pacificamente riconosciuta
dall'ente locale interessato.
Posta in tali termini la questione, non
può non prendersi atto dei seguenti punti, risultanti “ de plano” dagli atti di
causa.
3 i lavori di ampliamento e di attivazione
della rete di illuminazione pubblica, indicati nella parte in fatto della
presente sentenza, erano stati avviati e condotti a termine prescindendo da un
progetto esecutivo preventivamente approvato e senza il supporto di qualsiasi
copertura finanziaria;
2- sia il
Valentino, quale Sindaco pro tempore, sia l'Alicino, quale capo dell'U.T. del
Comune, erano ben consapevoli dell'avvio dei lavori di cui sopra. Ne fanno
fede, senza margini di dubbio, le relazioni del Capo dell'Ufficio Tecnico
n.7925 del 5.10.1993 e n.7928 del 5.10.1993, nelle quali si pone in evidenza
che i lavori eseguiti tra le via Andorra, Taggia e Candela vennero affidati
dagli amministratori dell'epoca pur in difetto della approvazione della
relativa perizia e che i lavori riguardanti la via S. Leonardo e la via
Bardonecchia vennero affidati in assenza di alcuna progettazione e “ in attesa
di reperire i fondi necessari per il finanziamento”.
Peraltro, che il Sindaco Valentino
fosse a perfetta conoscenza della esecuzione dei lavori de quibus è provato dal
fatto che egli ebbe a chiedere l'allaccio dell'energia illuminante prima ancora
che i lavori fossero ultimati. Quanto all'ing. Alicino, occorre convenire con i
primi giudici che anche se i lavori fossero intervenuti a sua insaputa ( e così
non è, attese le relazioni predette), tale circostanza denoterebbe a suo carico
“ una maggiore colpevolezza
poiché
significherebbe che l'Ufficio Tecnico ( da lui diretto; n.d.r.) non era capace
di avere sotto controllo gli interventi che una impresa non autorizzata andava
realizzando sulle strade cittadine quand'anche di periferia”
3 - non era giuridicamente possibile
procedere ad un autonomo riconoscimento del debito, atteso l'art. 23 del D.L.
2.3.1989, n. 66 convertito nella legge 24.4.1989, n.144, ai sensi del quale le
amministrazioni locali potevano effettuare spese solo se supportate da apposita
deliberazione autorizzatoria contabile, con la conseguenza che, nel caso di
acquisizione - come nella specie -di beni e servizi in violazione del predetto
obbligo, il rapporto obbligatorio sarebbe intercorso tra il privato affidatario
delle forniture dei lavori e l'amministratore che aveva irritualmente disposto
l'affidamento.
A fronte del
quadro di riferimento sudelineato si appalesa evidente la responsabilità dei
convenuti ora appellanti. Essi, anche ammesso (e non concesso stanti le
relazioni summenzionate) che i lavori in questione non fossero stati
esplicitamente ( sia pure verbalmente) affidati, avevano il primario dovere -
in adempimento del corretto esercizio delle loro funzioni di capo
dell'Amministrazione, il Valentino, e di capo e quindi, di sovrintendente dei
lavori pubblici comunali, l'Alcino - di intervenire tempestivamente per
impedire che i lavori in questione fossero avviati d'iniziativa della Italtecno
prima della predisposizione e approvazione dei relativi progetti tecnici e del
reperimento dei necessari fondi per la copertura finanziaria. Non avendo ottemperato
a tale dovere, essi non possono non essere riconosciuti responsabili a titolo
di colpa grave dei maggiori esborsi (in termini di interessi legali e di spese
di giustizia ) sostenuti dal Comune per l'impossibilità giuridica e contabile
di fronteggiare puntualmente i pagamenti relativi ai lavori illegittimamente
disposti. Non si dimentichi che gli attuali appellanti avrebbero dovuto
rispondere, a suo tempo, nei confronti della Italtecno, ai sensi della
menzionata legge n.144 del 1989, allora vigente, per l'intero ammontare
dei lavori non autorizzati nella forme di legge. Sicchè è del tutto fisiologico
che rispondano, adesso, dei maggiori esborsi intervenuti a seguito della
procedure ingiuntive subite dal Comune a causa del loro comportamento omissivo.
Essendo preclusa in forza della citata
normativa la possibilità di riconoscere l'insorgenza di alcuna obbligazione
riferibile all'ente per prestazioni irregolarmente disposte, fatte eseguire o
consentite al di fuori di una espressa volontà decisoria degli organi a ciò
legittimati (c.d. principio di procedimentazione dell'azione amministrativa),
la problematica, sollevata dagli
appellanti, circa la rilevanza
(liberatoria per interruzione del nesso causale) dei comportamenti degli
amministratori, succeduti al Valentino, i quali non avrebbero proceduto al
“riconoscimento del debito” e alla valida a tempestiva opposizione ai decreti
ingiuntivi, appare chiaramente infondata e fuorviante.
E' bene ribadire, al riguardo, che alla
base della controversia insorta tra l'Italtecno e il Comune sta, infatti, in
rapporto causale diretto, immediato e sufficiente, comportamento gravemente colpevole degli attuali appellanti,
che - si torna a ripetere - disposero
irritualmente o comunque consentirono i lavori, che ne occupano.
In tale ottica si rendono del tutto
inutili che richieste istruttorie di prove testimoniali, riproposte in questa
sede dagli appellanti.
Attese le considerazioni soprasvolte,
l'appello “de quo” non può trovare accoglimento; la sentenza impugnata, di cui
si condividono pienamente argomentazioni e conclusioni ivi comprese quelle
relative all'esercizio del potere riduttivo, va pertanto confermata.
Le spese seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dei Conti, Sez II
giurisdizionale centrale, ogni contraria istanza eccezione e difesa reietta,
respinge l'appello proposto dai sigg. VALENTINO Vincenzo e ALICINO Pasquale
avverso la sentenza n. 356/01 del 6.3/10.4.2001 della Sezione giurisdizionale
per la Puglia.
Condanna i summenzionati al pagamento
delle spese processuali anche per il presente grado di giudizio, che si
liquidano in Euro 172,70------------------------------------------------
(centosettantadue/70).
Così deciso in Roma, nella camera di
consiglio del 6 marzo 2003.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Camillo
Longoni F.to Tommaso de Pascalis
F.to Mario Francioni