REPUBBLICA ITALIANA                                                     .

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai magistrati:

dott. FABRIZIO TOPI                       Presidente

dott. VINCENZO LO PRESTI       Consigliere

dott. VALTER DEL ROSARIO       Primo Referendario- relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 1330/2004

nell’ambito del giudizio per responsabilità amministrativa iscritto al n.30981 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale della Corte dei Conti per la Sicilia nei confronti di Di Stefano Salvatore, nato a Catania il 12.8.1953, residente ad Acireale (CT), in frazione Guardia, via Nazionale, n.342, difeso dall’avv. Franco Merlino (con studio legale ad Acireale, in via Marchese di Sangiuliano, n.112);

visti: il T.U. 12.7.1934, n.1214; il R.D. 13.8.1933, n.1038; il D.L. 15.11.1993, n.453, convertito, con modificazioni, in L. 14.1.1994, n.19; la L. 14.1.1994, n.20; il D.L. 23.10.1996, n.543, convertito, con modificazioni, in L.  20.12.1996, n.639; iI D. L.vo 3.2.1993, n.29; il D. L.vo 31.3.1998, n.80;

visti tutti gli atti e documenti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 14.1.2004 il relatore dott. Valter Del Rosario, il Pubblico Ministero dott.ssa Anna Luisa Carra e l’avv. Giuseppe Costarelli (delegato) per il convenuto Salvatore Di Stefano.

FATTO

Con atto di citazione n. G/2003/210 (giudizio n.6467 del registro di Procura), preceduto da rituale invito a dedurre (recapitato il 24.3.2003), notificato al soggetto interessato in data 11.10.2003, la Procura regionale della Corte dei Conti per la Sicilia ha convenuto in giudizio di responsabilità amministrativa Di Stefano Salvatore, ingegnere in servizio presso il Settore Urbanistica del Comune di Acireale, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento del danno, quantificato in Euro 100.916,71, pari a £ 195.402.000 (con aggiunta di rivalutazione monetaria, interessi legali e spese processuali), arrecato al suddetto Ente Locale nelle circostanze di seguito riferite.

Si narra, infatti, nella citazione che il Di Stefano, dipendente a tempo indeterminato del Comune di Acireale a decorrere dal 23.11.1993, ha svolto, per un lungo periodo, contemporaneamente all’attività di pubblico funzionario, anche attività libero-professionale d’ingegnere, senza l’autorizzazione ed all’insaputa dell’Amministrazione di appartenenza, percependo in proprio cospicui compensi.

In particolare, a seguito di indagini delegate alla Guardia di Finanza- Nucleo di Polizia Tributaria per la Sicilia, è stato accertato che il Di Stefano, dal 1997 all’agosto del 2001, ha emesso n.49 fatture, per un importo complessivo di £ 195.402.000, in correlazione a varie prestazioni professionali da lui rese in favore di Enti pubblici e di soggetti privati (v. documentazione allegata al rapporto n.2709/E/GSV/I^ del 17.5.2002).

E’ emerso, inoltre, che:

il Comune di Acireale non ha mai autorizzato il Di Stefano a svolgere attività professionali od incarichi extra-istituzionali nel periodo dal 23.11.1993 all’agosto del 2001;

una richiesta inoltrata dal Di Stefano in data 24.8.2001, al fine di essere autorizzato ad espletare occasionalmente attività libero-professionale d’ingegnere, era stata respinta con nota del Dirigente del Servizio del Personale del Comune, datata 6.9.2001.

Con determinazione n.31, emessa il 29.1.2002 dal Dirigente Capo Settore dell’Amministrazione generale del Comune, al Di Stefano è stata comminata, per le infrazioni commesse, la sanzione disciplinare della “sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni quattro”.

Secondo la Procura regionale di questa Corte, il Di Stefano, avendo svolto attività libero-professionale senza alcuna autorizzazione ed all’insaputa del Comune di Acireale ed avendo altresì intascato in proprio i relativi compensi, ha tenuto un comportamento illecito, violando i doveri di fedeltà, di lealtà e di esclusività del proprio impegno lavorativo nei confronti dell’Amministrazione d’appartenenza nonché specifiche disposizioni di legge, che impongono di versare a quest’ultima quanto percepito dal dipendente pubblico a seguito dell’espletamento di attività non consentite.

Infatti, il vincolo di esclusività dell’impegno lavorativo del pubblico funzionario (comportante anche il divieto di svolgere attività autonome retribuite, salvo eccezioni espressamente stabilite dalla legge) trova la sua base nell’art. 98, 1° comma, della Costituzione ed ha ricevuto specifica disciplina, dapprima, nell’art. 60 del D.P.R. 10.1.1957, n.3, e, quindi, nell’art. 58 del D. L.vo 3.2.1993, n.29, successivamente integrato dall’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80.

In particolare, l’art. 26 del D. L.vo n.80 prevede espressamente che, in ipotesi d’espletamento, da parte di un dipendente pubblico, di un incarico retribuito non previamente autorizzato dall’Amministrazione d’appartenenza, il relativo compenso spettante deve essere versato, a cura del soggetto erogante o del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’Amministrazione medesima.

Il Pubblico Ministero ha, quindi, evidenziato che il Di Stefano ha dolosamente violato i doveri di lealtà e di esclusività del proprio impegno lavorativo in favore del Comune di Acireale e non ha neppure provveduto, come espressamente imposto dalla suddetta normativa, a versare nelle casse comunali i compensi da lui percepiti per le attività libero-professionali illegittimamente svolte, ammontanti complessivamente a £ 195.402.000.

Da tutto ciò è derivato un danno di pari importo per le finanze del Comune di Acireale, di cui il Di Stefano è stato chiamato a rispondere innanzi alla Corte dei Conti, al cui vaglio il Pubblico Ministero ha rimesso anche le giustificazioni (a suo avviso assolutamente non convincenti) fornite dal Di Stefano nelle deduzioni rese per iscritto, con particolare riferimento a quelle secondo cui una parte delle fatture da lui emesse dal 1997 all’agosto del 2001 sarebbero relative a suoi crediti per compensi inerenti ad incarichi conferitigli anteriormente al 23.11.1993 (data di assunzione in servizio presso il Comune).

Il Di Stefano si è costituito in giudizio con il patrocinio dell’avv. Franco Merlino, sostenendo quanto segue.

Egli, a partire dal 1986, aveva svolto l’attività d’ingegnere libero professionista, con regolare apertura di partita I.V.A.; dopo la sua assunzione, a decorrere dal 23.11.1993, come funzionario tecnico presso il Comune di Acireale, egli, essendo creditore di compensi non ancora fatturati, relativi a prestazioni professionali commissionategli anteriormente, aveva conservato la partita I.V.A., pur non assumendo nuovi incarichi incompatibili con la normativa introdotta dal D. L.vo n.29/1993 e modificata dal D. L.vo n.80/1998.

Secondo il Di Stefano, infatti, i divieti posti dalle disposizioni in questione sarebbero riferibili all’assunzione, da parte di dipendenti pubblici, di nuovi incarichi senza la previa autorizzazione dell’Amministrazione d’appartenenza e non alla prosecuzione dell’espletamento di incarichi ricevuti anteriormente all’immissione in servizio o, comunque, all’entrata in vigore della nuova normativa.

Pertanto, dal coacervo del presunto danno subito dal Comune di Acireale, oggetto di contestazione da parte del Pubblico Ministero contabile nei confronti del Di Stefano, dovrebbero, secondo il convenuto, essere detratte le somme da lui percepite in relazione alle seguenti fatture:

n.1 del 12.2.1997, concernente compenso spettante per l’espletamento di un incarico conferito dal Comune di Mineo con deliberazione n.18 dell’11.1.1991;

n.8 del 16.11.1998, n.1 dell’11.3.1999 e n.12 del 28.10.1999, riferite a compensi spettanti per l’esecuzione d’incarico conferito dal Comune di Riposto con deliberazione n.415 del 15.3.1991;

n.1 del 3.1.1998 e n.3 del 5.5.1998, riferite a compensi spettanti per l’esecuzione d’incarico conferito dal Comune di Riposto con deliberazione n.416 del 15.3.1991.

Sarebbe, peraltro, sfornita di valido supporto probatorio la tesi sostenuta nella citazione dal Pubblico Ministero, secondo cui le suddette fatture sarebbero riferibili ad incarichi professionali conferiti al Di Stefano nel 1991, con esecuzione che, però, si sarebbe protratta illegittimamente senza autorizzazione anche dopo la sua assunzione presso il Comune di Acireale.

In realtà, le fatture in questione, secondo il convenuto, erano state da lui emesse in tempi recenti, a causa dei notori ed endemici ritardi con cui le Amministrazioni locali sono solite procedere al pagamento delle parcelle professionali.

Relativamente alle fatture (nn. 3 e 5 del 1997; n.1 del 1998; nn. 3 e 6 del 1999; n.11 del 2000; nn. 1, 2 e 3 del 2001) concernenti compensi percepiti per l’effettuazione di “collaudi statici”, il Di Stefano ha sostenuto che le attività da lui espletate in proposito non rientrerebbero tra quelle incompatibili con lo status di pubblico funzionario, in quanto, seppur basate sulla capacità professionale e sulle cognizioni teorico-pratiche di un ingegnere, non concretizzerebbero una reale prestazione lavorativa in conflitto con l’obbligo di esclusività dell’impegno a favore dell’Amministrazione d’appartenenza.

Identiche considerazioni sono state esposte dal Di Stefano in ordine alle fatture (nn. 2, 4, 5, 6, 7 e 9 del 1998) concernenti compensi per l’esecuzione di “calcoli statici relativi a strutture prefabbricate”, prestazioni professionali che sarebbero, comunque, state espletate anteriormente all’avvento delle modifiche normative introdotte dal D. L.vo n.80/1998.

Infine, secondo il Di Stefano, sono sicuramente estranee a qualsiasi prestazione professionale vietata le fatture nn. 2 e 8 del 1997, attinenti, rispettivamente, alla vendita di un’attrezzatura tecnica e di un’automobile, e la fattura n.7 del 1997, relativa ad un compenso per consulenza tecnica prestata su incarico del Tribunale civile di Catania.

In ogni caso, non potrebbero essere considerate come “compensi effettivamente percepiti dal Di Stefano per prestazioni professionali vietate” le somme che nelle varie fatture sono riferite espressamente al pagamento di oneri previdenziali, di I.V.A. e di altre imposte e tasse.

Da un punto di vista più generale, il Di Stefano, premesso che nel suo comportamento non sarebbe, comunque, ravvisabile alcuna forma di dolo o di slealtà nei confronti del Comune di Acireale, ha evidenziato che la richiesta di condanna, formulata a suo carico dalla Procura regionale di questa Corte, prescinderebbe, in sostanza, dall’accertamento che si sia realmente verificato, nella specifica fattispecie, un effettivo danno erariale e sarebbe, in pratica, basata esclusivamente sulle disposizioni recate dall’art. 26 del D. L.vo n.80/1998, il quale, modificando l’art. 58 del D. L.vo n.29/1993, ha stabilito che, in ipotesi di svolgimento da parte di un pubblico dipendente di incarichi esterni, non previamente conferiti od autorizzati dall’Amministrazione d’appartenenza, i relativi compensi debbano inderogabilmente essere acquisiti al bilancio di quest’ultima.

Invece, andrebbe considerata la sostanziale irrilevanza dell’attività libero-professionale, svolta occasionalmente dal Di Stefano, rispetto all’obbligo di esclusività del proprio impegno lavorativo nei confronti del Comune di Acireale, impegno che il Di Stefano avrebbe sempre garantito, anche mediante prestazioni profuse oltre il normale orario d’ufficio o riferibili a mansioni superiori.

In udienza le parti hanno ribadito le tesi già esposte per iscritto e le relative conclusioni.

DIRITTO

La Sezione, esaminati accuratamente gli atti processuali e vagliate le argomentazioni esposte dal Pubblico Ministero e dal convenuto, reputa che l’azione risarcitoria proposta nei confronti di Di Stefano Salvatore sia meritevole di parziale accoglimento.

In primo luogo, va puntualizzato che la normativa di riferimento nel caso di specie è costituita dall’art. 58 del D. L.vo 3.2.1993, n.29, e dalle successive modifiche ad esso recate dall’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80 (pubblicato sulla G.U. dell’8.4.1998 e, quindi, entrato in vigore dal 23.4.1998).

L’art. 58 del D. L.vo 3.2.1993, n.29, dispone, sia nella sua formulazione originaria sia attualmente, che:

“Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli artt. 60 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 10.1.1957, n.3…”;

 “In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’Amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella d’appartenenza, ovvero da società o da persone fisiche, che svolgano attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti, secondo criteri oggettivi e predeterminati…, tali da escludere casi d’incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della P.A.”.

Con l’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80, l’art. 58 del D. L.vo n.29/1993 è stato integrato, disponendosi, tra l’altro, che:

“I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione d’appartenenza”;

“Gli incarichi retribuiti sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso”, restando escluse dal divieto soltanto alcune fattispecie tassativamente elencate;

“In caso d’inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione d’appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.

Dalla normativa sopra riassunta emergono chiaramente, per quanto interessa in questa sede:

la sussistenza di un obbligo d’esclusività del proprio impegno lavorativo, gravante su tutti i dipendenti pubblici nei confronti delle rispettive Amministrazioni;

il divieto per tutti i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle locali, di espletare qualsiasi incarico retribuito, che non sia consentito direttamente dalla legge o che non sia stato conferito o previamente autorizzato dall’amministrazione d’appartenenza;

il divieto di proseguire, in mancanza di espressa autorizzazione, nello svolgimento di incarichi assunti precedentemente all’immissione in servizio presso la P.A..

In tale ottica, a rafforzamento e sanzione del vincolo d’esclusività dell’impegno lavorativo, posto a carico di tutti i pubblici dipendenti, il legislatore ha previsto, per il caso d’inosservanza dei divieti stabiliti e, quindi, d’espletamento illegittimo di incarichi retribuiti di qualsiasi genere, anche occasionali, un ulteriore e specifico obbligo giuridico incombente sul soggetto trasgressore, al quale viene imposto di versare il compenso ricevuto nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione d’appartenenza, salva la sottoposizione del medesimo a più gravi sanzioni, anche di carattere disciplinare.

E’ da sottolineare, comunque, che il suddetto obbligo di versamento del compenso nelle casse dell’amministrazione d’appartenenza è sorto (a carico del dipendente pubblico che abbia espletato illegittimamente incarichi retribuiti non autorizzati) soltanto recentemente, per effetto dell’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80, entrato in vigore in data 23.4.1998, mentre tale obbligo non era contemplato nel testo originario dell’art. 58 del D. L.vo 3.2.1993, n.29, né nell’art. 60 del D.P.R. 10.1.1957, n.3.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio risulta provato che il Di Stefano:

ha continuato ad espletare, dopo la sua assunzione in servizio come ingegnere presso il Comune di Acireale, avvenuta il 23.11.1993, e sino all’agosto del 2001, attività libero-professionale, senza chiedere alcuna autorizzazione ed, anzi, all’insaputa della propria Amministrazione, violando in tal modo i doveri giuridici di fedeltà, lealtà ed esclusività del proprio impegno lavorativo nei confronti dell’Ente locale;

dopo l’entrata in vigore della normativa introdotta dall’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80, egli non ha provveduto a versare all’Amministrazione d’appartenenza i compensi da lui percepiti per incarichi illegittimamente svolti dopo tale data, violando un ulteriore e specifico obbligo giuridico incombente a suo carico e, quindi, cagionando un danno finanziario, sotto forma di minori entrate, al Comune di Acireale.

Ciò premesso e passando alla quantificazione dell’onere risarcitorio (indicato in citazione dal Pubblico Ministero in £ 195.402.000, pari ad Euro 100.916,71) da porsi concretamente a carico del Di Stefano, deve osservarsi quanto segue.

In primo luogo, debbono essere detratti dal coacervo gli importi di £ 595.000 e di £ 15.000.000, di cui alle fatture n.2 del 19.3.1997 e n.8 del 25.7.1997, trattandosi di corrispettivi per la vendita a privati, rispettivamente, di un’attrezzatura tecnica e di un’automobile, nonché di £ 951.727, di cui alla fattura n.7 del 22.7.1997, riferita a parcella, comprensiva di rimborso spese, per prestazione di una consulenza tecnica affidata al Di Stefano dal Tribunale di Catania nell’ambito di un giudizio civile instaurato nel 1992.

Ugualmente debbono essere detratti dal coacervo, in quanto costituenti compensi il cui diritto è maturato sicuramente in epoca anteriore alla data (23.4.1998) d’entrata in vigore della normativa recata dall’art. 26 del D. L.vo 31.3.1998, n.80, gli importi contemplati nelle seguenti fatture:

n.1 del 12.2.1997, emessa a carico del Comune di Mineo (£ 14.385.511);

n.3 del 5.4.1997, emessa a carico della ditta Salvatore Corica (£ 364.140);

n.5 del 20.5.1997, emessa a carico della ditta Cavallaro s.r.l. (£ 606.900);

n.1 del 3.1.1998, emessa a carico del Comune di Riposto (£ 30.981.106);

n.2 del 7.4.1998, emessa a carico della ditta Petrol Company s.r.l. (£ 7.250.400);

n.3 del 5.5.1998, emessa a carico del Comune di Riposto (£ 21.247.803).

Lo scorporo, riferito a tutte le 9 fatture sopra indicate, ammonta in totale a £ 91.382.587 (pari ad Euro 47.195,17).

Il restante importo di £ 104.019.413 (pari ad Euro 53.721,54) appare, invece (in assenza di specifiche prove contrarie), essere correlato a compensi maturati e percepiti per attività professionali illegittimamente iniziate o proseguite dal Di Stefano in epoca posteriore all’entrata in vigore del D. L.vo n.80/1998.

Comunque, da tale importo debbono essere detratte le somme concretamente documentate dal Di Stefano in questo giudizio come riferibili al pagamento di I.V.A. (per £ 16.551.097) e di contributi previdenziali (per £ 4.684.272), per un totale di £ 21.235.369 (pari ad Euro 10.967,15), mentre non appaiono adeguatamente specificate somme eventualmente riferibili al versamento di altri tributi.

Dopo l’effettuazione di tutte le suddette operazioni di scorporo, la Sezione rileva che residua un onere risarcitorio da porre a carico del Di Stefano nella misura di £ 82.784.044 (pari ad Euro 42.754,39), corrispondente a quanto il medesimo avrebbe dovuto versare al Comune di Acireale in ottemperanza all’obbligo impostogli dall’art. 26 del D. L.vo n.80/1998, integrativo dell’art. 58 del D. L.vo n.29/1993.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta dal Pubblico Ministero, CONDANNA Di Stefano Salvatore al pagamento, in favore del Comune di Acireale, della somma di Euro 42.754,39 (da ritenersi comprensiva di rivalutazione monetaria), maggiorata di interessi legali, da calcolarsi dalla data di deposito della presente sentenza e sino al soddisfo del credito principale, nonchè al pagamento delle spese di giudizio, quantificate a tutt’oggi in Euro 88,82 (ottentotto/82).                                                             Così deciso a Palermo, nella camera di consiglio del 14.1.2004.

            L’ESTENSORE                                   IL PRESIDENTE

F.to  (Valter Del Rosario)                       F.to  (Fabrizio Topi)

sentenza depositata in cancelleria nei modi di legge

Palermo, 18 maggio 2004

                                               Il Funzionario di Cancelleria

                                   F.to (Dr.ssa Rita Casamichele)