REPUBBLICA ITALIANA            sent. 309/04/R

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo

Composta dai seguenti Magistrati

Dott. Vito Minerva                            Presidente

Dott. Luciano  Calamaro                  Consigliere Rel.

Dott. Silvio Benvenuto                       Consigliere

 ha pronunciato la seguente

                                           SENTENZA

nel   giudizio  iscritto al n.296/R del registro  di segreteria ad istanza del Procuratore  regionale  presso questa Sezione

                                             nei confronti

di BULIAN Giovanni, elettivamente  domiciliato in  L’Aquila alla Via S.Agostino n.25 presso lo studio dell’Avvocato Pasquale Bafile che lo rappresenta e difende;

Visti  gli atti di causa;

Uditi alla pubblica  udienza  del 17 giugno 2003  con l’assistenza del Segretario Signora  Silvana  Ciatti , il relatore  Cons.Luciano Calamaro, l’Avvocato  Bafile  per il convenuto  e il  Pubblico Ministero  in persona del Vice   Procuratore   Regionale  Prof.Giuseppe Palumbi.

  Ritenuto in

                                          FATTO

Con atto di citazione depositato presso la Segreteria della Sezione in data  3 dicembre 2002, il Procuratore  regionale  presso  questa Corte, sedi periferiche e del numero di persone cui si sarebbe potuto conferire  ha evocato in  giudizio BULIAN Giovanni, per sentirlo condannare, al pagamento, in  favore  all’Erario  della somma di euro 35.814, 60  oltre interessi legali, rivalutazione  monetaria e spese di giudizio.

Espone   in  fatto  la parte attrice che, a seguito di ispezione  disposta nell’anno 2000  dal Ministero dei beni ed attività culturali presso la Soprintendenza per i beni  ambientali, architettonici, artistici e storici per l’Abruzzo, con sede in L’Aquila, emergevano varie  irregolarità, tra le quali  un’ anomala  fornitura  di circa  65  telefoni cellulari.

    In quella circostanza, gli ispettori  avanzavano  l’ipotesi che l’acquisizione discendesse da un contratto di leasing, precisando che il relativo atto  formale    non era stato rinvenuto; denunciavano anche la detenzione di alcuni apparecchi da parte di tre dipendenti, nonostante la palese, intervenuta cessazione delle  ipotetiche  esigenze di servizio per effetto del loro trasferimento dalla sede di L’Aquila.

   Alla  predetta relazione  venivano allegate alcune  fatture,  nonché l’ordine  di servizio n.640 del  10 gennaio 2001 adottato  dal Soprintendente pro-tempore Arch. Bulian Giovanni, e contenente disposizioni in ordine alle urgenti misure “per il superamento delle problematiche circa  l’impiego dei telefoni cellulari portatili, per la regolarità delle  spese sostenute e l’economicità delle  stessa”, mediante  il quale, sostanzialmente, si provvedeva al ritiro di  tutti   gli apparecchi distribuiti, con riserva di specifica ridistribuzione  ai soli funzionari richiedenti e per esigenze temporalmente  delimitate e motivate.

    Ugualmente,  venivano allegati  l’elenco  del personale che aveva provveduto alla restituzione e la circolare  ministeriale del 17.10.1997, contenente le  disposizioni  restrittive  sull’uso delle apparecchiature di telefonia  mobile  e sui relativi  limiti, emanata alla stregua della direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri  in data 11.4.1997.

   Tali atti pervenivano alla Procura regionale in data 26 aprile 2001, contemporaneamente alle note di controdeduzioni del 20 aprile 2001, a firma del Soprintendente pro tempore, Arch.Giovanni Bulian, il quale , per lo specifico indicato profilo, precisava che gli apparati precedentemente distribuiti erano stati restituiti all’Ente, in attesa  di disposizioni  per la convalida dell’acquisto effettuato.

   Accertata  così la provenienza degli stessi apparati, il requirente dava incarico di ulteriori accertamenti al Nucleo  regionale di Polizia Tributaria per  l’Abruzzo, il quale produceva in data 29 agosto 2002 una specifica  relazione.

   Da questa si evinceva  che la Omnitel S.p.A. aveva fornito, tra l’anno 1999 ed il 2000, settanta telefoni cellulari, oltre uno in omaggio, cinque dei quali  ordinati dal  sostituto  del Soprintendente, mentre i restanti  risultavano  ordinati da quest’ultimo, che aveva stipulato anche i relativi  contratti di utenza.

  Tutti  gli apparati risultavano in grado di trasmettere  dati e fax in connessione Internet, mentre contemporaneamente ai primi cellulari, vennero acquisiti  anche  15 diversi apparati per la trasmissione  in via telematica dei  dati e dei fax.

  Inoltre, mentre in un primo momento soltanto  14 utenze  consentivano  l’approdo all’intera rete nazionale, successivamente per  tutte venne  prevista  accessibilità ampia  ed indiscriminata  a tutte le prestazioni in ambito nazionale.

  Tra le  acquisizioni  documentali,  figuravano,  inoltre i tabulati  riepilogativi delle utenze, in relazione alle  quali parte attrice deduce l’impossibilità  di distinguere tra chiamate  motivate con ragioni di servizio, e non, stante  l’elisione dal tabulato  riepilogativo  delle  ultime  cifre, in relazione alle  vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza.

  Soggiunge il Procuratore Regionale che appariva comunque evidente  che  gran parte  delle  chiamate risultava  con sicurezza effettuata  verso destinatari diversi  dalla rete “aziendale”.

  La dichiarazione delle avvenute  comunicazioni   per  motivi di servizio  è stata  apposta dal Soprintendente  su tutte le  ricevute  telefoniche  indipendentemente  dalla provenienza della richiesta  d’acquisto, mentre per n.16  apparecchi cellulari, ufficialmente   abilitati ad effettuare   telefonate  private,  i rispettivi detentori  ricevevano direttamente dal  gestore  le  rispettive   fatture  di pagamento.

   A seguito della  menzionata sospensione della distribuzione, le utenze venivano disdette.

  La Soprintendenza, peraltro,  corrispondeva  i costi  del canone  anche per i due mesi successivi e  fino al 2.2.2002.

   Soggiunge parte attrice che il Soprintendente  ebbe  a chiedere  al Ministero la ratifica (rectius, convalida in  sanatoria)  dell’intero acquisto, ricevendone  risposte  puntualmente  rispettose  della   direttiva  presidenziale e di  implicita censura dell’iniziativa, in quanto non   ricondotta  tempestivamente al preventivo   vaglio  dell’indirizzo politico.

  Conclusivamente, l’ispezione  accertava  che l’acquisizione e la somministrazione  diffusa degli  apparati di telefonia cellulare, aveva consentito  l’ingiustificata ed ampia  utilizzazione degli apparati  anche da parte di personale permanentemente  utilizzato in sede, e, comunque, a livelli  operativi  incongrui  rispetto alle  restrizioni  prescritte.

  La Procura  Regionale  considerando  palese il travalicamento dei limiti posti, in un quadro di efficienza e di economicità, all’impiego di uno  strumento portatile   ausiliare  rispetto al ricorso  all’ordinaria   rete telefonica, per di  più dissipativamente, irrazionalmente   ed improduttivamente  profuso, invitava   l’Arch.Giovanni Bulian, soprintendente pro tempore della S.B.A.A.A.S. dell’Aquila,  cui andava riferito l’acquisto, ed il Sig.Lucio Crosta, espressamente  richiamato  dal  Soprintendente come principale   referente  della provvista    nell’ambito  della  struttura, a produrre  le deduzioni  previste dall’art.5, legge 14 gennaio 1994, n.19.

  Ambedue  producevano tempestivamente le proprie difese.

  Sostiene  in diritto parte attrice, che l’accettazione delle proposte del gestore  degli apparecchi  cellulari  di telefonia mobile operata e convalidata, personalmente,  dal Soprintendente della S.B.A.A.A.S. dell’Aquila, Arch.Giovanni Bulian,  e proseguita con pari accentrata  gestione della distribuzione degli  stessi telefoni  nonché del relativo ritiro, conferiscono  alla posizione del Sig.Lucio Crosta, in riferimento alle sue attribuzioni  e competenze,  un ruolo  del tutto marginale.

   Dagli atti ispettivi e dagli  accertamenti  direttamente esperiti, la Procura  regionale  desume la diretta e personale  responsabilità  del Soprintendente  in ordine all’acquisto, che definisce trasmodante  rispetto alle effettive necessità, degli apparati cellulari in questione.

  Tenuto conto dei limiti  ordinariamente  stabiliti  dalle direttive  governative in materia di uso di apparati cellulari, gli accertamenti, secondo parte attrice, hanno consentito di escludere la configurabilità di un’utilitas  per gran parte  degli apparecchi  distribuiti, in riferimento  alla  dispersiva  profusione della  loro assegnazione, sicchè l’affermata  ponderazione delle esigenze  da parte del Soprintendente  è stata assolutamente smentita dall’uso consentito  a  favore di soggetti le cui competenze ed attribuzioni, così come il luogo e le modalità del loro espletamento, escludevano  una benché minima esigenza del relativo impiego.

  Essa risulterebbe, inoltre, sconfessata dal sopravvenuto  ritiro delle apparecchiature e dalla loro oggettiva inutilizzazione, dalla quale scaturisce la conferma di una  acquisizione superflua ed onerosa.

   Alla stregua di tali premesse, le deduzioni prospettate dall’ex Soprintendente  non apparirebbero  persuasive.

   Inoltre la  collocazione   e  dislocazione   di beni sottoposti a tutela in Abruzzo non differirebbe   da quella della  generalità del Paese, e, quindi, non potrebbe essere invocata   come eccezionale rispetto a quella generale, come risulta  già valutata  dall’Amministrazione  centrale responsabile dei criteri organizzativi del settore.

    Quest’ultima avrebbe recisamente smentito la  possibilità di una indiscriminata politica di ramificazione delle comunicazioni, in  risposta al quesito  prospettato dal  predetto  Soprintendente, come  si evincerebbe  dal tenore  della  note di servizio; inoltre, se si fosse prestata  la dovuta ottemperanza alle direttive, il quesito  avrebbe dovuto  precedere  e non seguire  l’acquisto.    

  L’implicita ammissione della  dispersiva acquisizione, sarebbe  altresì, costituita dalla comunicazione dell’intervenuto  ritiro degli  apparecchi  cellulari, che confermerebbe  tanto l’eccessività dell’operazione, quanto  l’ingiustificato addebito dei canoni.

  D’altronde, la presenza di nove sedi distaccate avrebbe potuto giustificare lo stesso  acquisto soltanto in minima parte, tenuto conto dell’esistenza contemporanea di una efficiente rete telefonica.

  L’affermata esistenza di una ricerca di mercato, asseritamente  deferita ai dipendenti della S.B.A.A.A.S., non avrebbe trovato riscontri documentali e,anzi, risulterebbe (dalle deduzioni  del Sig.L.Crosta) prevenuta dall’acquisizione dell’offerta in atti, mentre nessun atto di controllo sarebbe stato  efficacemente disposto.

 L’ assegnazione al personale  dislocato in periferia sotto la motivazione della “scorrevolezza”, secondo parte attrice, si appaleserebbe inspiegabile,  così come l’accantonamento “in riserva” di altri cellulari.

  D’altra parte solo un circoscritto numero (15) di dipendenti sottoscrisse con il gestore un contratto  parallelo per la telefonia privata, mentre la asseritamente divisata trasformazione del contratto, in modo da limitare le telefonate alle chiamate interne, non sarebbe stata attuata, ma venne  di fatto realizzata per tutti, medio tempore,  fino a consentire ogni possibilità di connessione  nazionale.

Inoltre, il contestare, come si è fatto nelle deduzioni  difensive, l’imputazione del pagamento di canoni  non corrispondenti all’effettiva utilizzazione degli apparati sotto  l’argomentazione che, in difetto di pagamento, si sarebbero  dovuti restituire i telefoni cellulari ai sensi di contratto, non farebbe, secondo la parte attrice,  che  evidenziare  un’ulteriore conseguenza della  fattispecie dannosa riferibile, come  le altre,  al predetto Soprintendente.

  Non  sarebbe  fondata su illazioni, bensì su accertamenti, la circostanza  che il personale stabilmente in servizio presso la sede ed adibito  ad attività di carattere  interno, fu ugualmente dotato degli apparecchi.

Priva di contenuto, inoltre, si appaleserebbe  la contestazione  difensiva dell’entità della spesa  sostenuta, la cui portata pregiudizievole avrebbe  dovuto  essere calcolata, secondo l’attore, raffrontandola  previamente con i costi della telefonia fissa.

  Invece nessun controllo sul contenimento di quest’ultima risultò effettuato, per cui non  assumerebbe consistenza la  deduzione difensiva secondo cui  ogni eccesso eventualmente  verificatosi  nell’uso della  telefonia fissa finirebbe col giustificare un criterio  d’acqusto di cellulari  palesemente  gravoso.

  Anche la dichiarazione di autoresponsabilità   apposta nelle singole  fatture di pagamento  dai dipendenti   assegnatari delle  utenze, apparirebbe  come una formula propiziatoria di buone  intenzioni, mentre, in assenza di veri e propri controlli,  tutte le fatture  furono automaticamente vistate dallo stesso Soprintendente come rispondenti ad esigenze di servizio.

  Conclusivamente, in applicazione di un criterio di ragionevolezza e tenuto conto delle nove l’assegnazione di apparati  all’interno della sede centrale dell’Ente, il Procuratore Regionale ritiene  giustificabile una dotazione  complessiva di 15  telefoni cellulari, tenendo  nel massimo conto  le dedotte esigenze  organizzative e discrezionali nonché la dotazione di un apparecchio personale  per il Soprintendente.

La spesa complessivamente sostenuta  risulta ammontare ad Euro 40.866,76, dalla  quale, in armonia con le premesse, parte attrice detrae le somme correlate ad un virtuale, regolare impiego dei telefoni cellulari, contenuto nei  limiti conformi alle direttive  ministeriali  cui la dirigenza della Soprintendenza avrebbe dovuto ottemperare  nonché, in relazione alla prevalenza dell’effettuazione di chiamate  esterne alla rete dell’Ente,  una percentuale equitativamente  valutata nel 40% delle  spese  correlatamente e complessivamente sostenute  per il traffico  telefonico.

  Con siffatta  quantificazione, che si prospetta a titolo equitativo ed ai sensi dell’art.1226 cod.civ., si ritiene  adempiuto  l’onere  di una corretta  e realistica valutazione del pregiudizio derivato in danno dell’Amministrazione dei beni culturali ed ambientali in dipendenza della trasgressione di direttive e di indirizzi vincolanti, così come della discendente violazione di obblighi di servizio.

  Conseguentemente il calcolo del pregiudizio  oggettivamente subìto  dall’Amministrazione dei beni culturali  viene così  riepilogato:

a)                 costo di numero 60 cellulari, maggiorato delle spese accessorie, fiscali e di concessione  governativa, euro 20.127,00=;

b) 60% del traffico telefonico, effettuato mediante  gli apparecchi cellulari  distribuiti, euro 15.687,60=

per un totale di euro 35.814,60 che il  Procuratore Regionale   addebita integralmente al Soprintendente  pro tempore.

Il convenuto si è costituito  in  giudizio  mediante deposito  di memoria  avvenuto  in data  26 maggio  2003.

Con detto atto si deduce:

- la presenza  di personale in servizio  fuori della Soprintendenza  e la necessità  di immediata reperibilità;  

    - la completa istruttoria  svolta dai competenti Uffici che  evidenziava   consistenti riduzioni della spesa per la telefonia  fissa;

- la ricerca di mercato che precedette  la conclusione del contratto con la Società OMNITEL;

- l’affidamento di 45 cellulari al personale che agiva sul territorio e di altri  15 alle 9 sedi staccate per la efficace  comunicazione con i “server centrali”;

- l’approvigionamento di altri  cellulari   quale  scorta in caso di guasto delle apparecchiature affidate;

 - l’obbligo per i funzionari dotati di cellulari  di servizio, di utilizzarli per  assolvere le incombenze istituzionali;           

- l’istituzione di controlli da  parte  della  struttura deputata al pagamento delle fatture   delle varie   utenze, sull’eventuale uso per motivi personali, dei cellulari assegnati;

- la legittimità di contratti di utenze “aperti” in conformità alla direttiva  11 aprile 1997 della Presidenza del Consiglio   dei Ministri – Dipartimento della  Funzione pubblica.

- la previsione  di  puntuali e tassative  istruzioni sull’uso delle apparecchiature;

-                     la legittimità  del pagamento del canone anche  per i periodi di  inutilizzazione, posto che il mancato pagamento  del canone avrebbe determinato  la restituzione dei cellulari con pregiudizio maggiore di quello esposto dal Procuratore  Regionale.

    Il convenuto contesta, inoltre, l’entità del danno e la stessa prova del medesimo,  non  rinvenibile  dagli  atti  e dall’atto di citazione.

   Assume, inoltre,  l’inesattezza   di tutte le argomentazioni poste a  fondamento  della domanda  con particolare  riferimento  alla conclusione del contratto, alla  dannosità della  fornitura, alla necessità di una  scorta di cellulari,  alla inesistenza  di una precisa e tassativa  disciplina del loro utilizzo. Conclusivamente chiede   il rigetto  della domanda  attrice e, in via subordinata, l’esperimento  di prova  testimoniale.

   Alla  pubblica udienza  l’Avvocato  Bafile  ha  richiamato le deduzioni  del Soprintendente Bulian  del 5.11.2002, in seguito  all’invito a dedurre  notificato  dalla Procura Regionale.Rappresenta il  difensore che  alcuni impiegati  erano stati  addetti al controllo contabile;  essi controfirmavano  le fatture  emesse dalla Società  OMNITEL  attestandone  la regolarità.

L’Architetto Bulian  assegnò  33 cellulari  a  personale che operava   fuori sede, dipendenti destinati  a  svolgere  funzioni non esecutive; se, quindi, si è verificato  un uso improprio di  detti apparecchi,  non può essere configurata  una responsabilità nei suoi confronti.

  In conclusione  l’Avv. Bafile si   è  riportato  alla  memoria    difensiva  e alle conclusioni   ivi contenute.

Il Pubblico  Ministero,  nel confermare  la domanda di cui all’atto di citazione,  ha ribadito  che l’acquisto dei telefonini  è stato  frutto  di un comportamento   non riflessivo, ispirato alla colpa grave. 

Ha, poi, rappresentato, che i cellulari sono stati messi a disposizione anche di personale che operava all’interno dell’Amministrazione.

Conclusivamente  ha  insistito nella richiesta di condanna del convenuto.

  Considerato in

                                                DIRITTO

1.La domanda del Procuratore  Regionale  è fondata e va accolta.

1.1. Come esposto in narrativa, al convenuto, nella sua  qualità di Soprintendente per i Beni ambientali, architettonici, artistici  e storici dell’Abruzzo, viene addebitata la responsabilità  amministrativa  ravvisata  nel  danno erariale  derivante  dalla  stipulazione  di  contratti   con   un  gestore di telefonia  mobile, per la  fornitura  di   telefoni cellulari e per il   pagamento  delle  connesse  utenze, con oneri  gravanti  sui  fondi in dotazione  alla Soprintendenza.

Più in particolare  il  nocumento per le pubbliche  finanze  è ravvisato   nei costi sopportati  dalla  struttura  pubblica  con  riferimento  alla  distribuzione   ingiustificata degli apparati  e all’utilizzo  degli stessi.

1.2. L’opportunità  di introdurre nell’ambito  della Pubblica Amministrazione la recente innovazione tecnologica della telefonia mobile,  è stata oggetto di approfondita valutazione, proiettata prioritariamente   a considerare   gli  effetti  derivati,  in termini  di accresciuta  efficienza e  produttività  dell’attività  amministrativa, nel quadro  di  un progressivo  miglioramento nei rapporti con la collettività.

  L’uso  di detti apparati, invero, consente  più rapide ed efficienti  soluzioni avuto riguardo,  a titolo esemplificativo, alle esigenze di reperibilità, agli interventi di prevenzione, alla pubblica sicurezza e all’ordine  pubblico.

  L’innovazione  tecnologica, quindi, si è manifestata, senza dubbio, utile  per aumentare il  grado di efficienza dell’Amministrazione.

Nell’ambito dell’organizzazione amministrativa, peraltro, è necessario correlare  l’efficienza degli interventi alla loro produttività.

  Quest’ultimo  vincolo ha reso  necessaria   una riflessione sulle modalità di utilizzo degli apparecchi  cellulari, che ha consentito di emanare una specifica disciplina, volta, altresì,  a superare  incertezze interpretative  e mancanza di  coordinamento che, sostanzialmente,  si riverberavano   negativamente  sugli oneri affrontati   dalle pubbliche amministrazioni e sullo  uso delle apparecchiature, con riferimento  ai legittimi destinatari  e alla  latitudine dell’utilizzo.

   La direttiva 11 aprile  1997 del Ministro  per la funzione pubblica, emanata nel dichiarato  presupposto di eliminare “le incertezze interpretative  e i difetti di coordinamento”, ha disciplinato la  materia della  telefonia delle  pubbliche amministrazioni al  fine di  promuovere “la trasformazione  strutturale  e organizzativa  dell’intero  campo  dei sistemi  di telefonia”.

  La direttiva si articola  in 8  paragrafi; di questi  il paragrafo  n.2 enuncia  i principi  generali, il n.3  disciplina la telefonia  fissa, il n.4  quella  mobile.

  L’ uso delle  apparecchiature della  telefonia mobile    è sottoposta  alle autorizzazioni delle amministrazioni   sulla base  delle  indicazioni  dell’organo di direzione politica  nell’ambito delle somme disponibili per la spesa telefonica, secondo quanto previsto  dal paragrafo  6 e comunque osservando   criteri di  utilizzazione predeterminati (ad es. esigenza di reperibilità, servizi fuori sede, interventi, anche di prevenzione, per calamità naturali, pubblica sicurezza, ecc.).

    Le Amministrazioni, secondo la  direttiva, devono tener  presente che, anche per la  telefonia mobile  sussistono   possibilità  analoghe a quelle della  telefonia fissa, di controllo dell’uso (monitoraggio  dei consumi,  documentazioni di addebito per ogni amministrazione, documentazioni analitiche delle  chiamate  effettuate dall’apparecchio  di telefonia mobile con  l’oscuramento  delle ultime  quattro cifre) e di abilitazione ai servizi (profili specifici, utente, classi di servizio per sottogruppi).

Un paragrafo  della direttiva  è stato dedicato alla responsabilità  del controllo tecnico-amministrativo (par.7).

     La disciplina prevede  l’individuazione di un responsabile  dei sistemi di telefonia cui è affidato, tra l’altro il compito di assicurare che le scelte effettuate non si discostino dai principi  fissati nonché  l’economica  gestione dei servizi telefonici.

  In ottemperanza  al paragrafo 8 della  direttiva, il Ministero per i Beni   culturali e ambientali, con nota  n.21918  del 17 ottobre 1997, ha elencato le “situazioni” nel cui contesto “ valutare la necessità e l’urgenza delle apparecchiature di telefonia  mobile” dettando i seguenti criteri:

“ 1) L’uso delle apparecchiature  di telefonia  mobile  dovrà  essere  finalizzato   ad esigenze  di servizio   fuori  sede,  di reperibilità, o di  tutela  dei beni  del patrimonio   artistico – storico   in situazioni di emergenza per eventi calamitosi. 

2) L’uso delle apparecchiature  dovrà  essere limitato  alla  durata  del servizio  fuori sede, della  reperibilità  o dell’emergenza per  eventi   calamitosi.

3) In relazione alle esigenze di cui al precedente  punto 1 potranno essere attivate le soluzioni  tecniche (ad esempio: apparecchi  a schede  e simili) e potranno essere  abilitati  i servizi (ad esempio: segreteria  telefonica)  ritenuti  più opportuni  e convenienti  per l’azione  amministrativa.

4) Le spese  per l’acquisto, l’uso  e la manutenzione delle apparecchiature  dovranno essere  contenute nell’ambito delle somme   disponibili per la  spesa  telefonica”.

2. Tanto premesso, osserva il Collegio che i contratti sottoscritti dall’odierno convenuto per la  fornitura  di cellulari, e relative utenze, poi distribuiti  al  personale  dipendente,   sono stati  conclusi  in   aperta  violazione  della normativa  di riferimento.

   Gli atti di causa, e  quelli  depositati  dalla parte  convenuta, evidenziano  la  radicale  mancanza  di taluni   dei presupposti fissati nella direttiva  del Ministero per  la   funzione pubblica e dei criteri delineati  dal    Ministro per i beni culturali e ambientali  sin dal 1997.

  In  particolare la  telefonia  mobile doveva essere introdotta nel più ampio contesto dell’intero sistema  di telefonia  e , quindi, riducendo il numero  degli avvisatori di chiamata e delle linee fisse  dirette nonché   definendo  controlli  specifici della spesa e della gestione dei sistemi, al  fine di un continuo   monitoraggio della regolarità delle  imputazioni causali delle  spese e del livello di   economicità  delle stesse.

  Gli in equivoci criteri  fissati dal Ministro per i beni culturali e ambientali, poi,  consentivano l’uso di  telefoni cellulari   nei servizi fuori sede, di reperibilità o di tutela  del patrimonio  artistico  in situazione di emergenza, limitatamente alla durata del servizio, reperibilità o  della emergenza.

  Non, quindi, un’assegnazione indiscriminata di cellulari ed utenze, ma un utilizzo legato a specifiche situazioni.

  La fornitura di telefoni, con le connesse   utenze, è stata perfezionata in aperta collisione con i suddetti principi e direttive, vincolanti per  gli uffici dipendenti.

   Ciò che rileva, in  questa sede, peraltro, non è l’illegittimità della  fornitura ma la illiceità della  condotta   del convenuto  che ha utilizzato  pubbliche risorse al di fuori dell’interesse pubblico  delineato  con indicazioni precise e che non si prestavano ad interpretazioni  ambivalenti.

    La  deviazione   rispetto  al  prefissato fine pubblico, risulta macroscopica laddove  l’utilizzo  dei telefoni cellulari  di servizio, è stato concesso a personale  adibito  all’espletamento  di mansioni  amministrative presso  gli   uffici della Soprintendenza.

   Inoltre, anche nelle   situazioni  elencate nelle  prescrizioni ministeriali, l’uso del cellulare  di servizio era  limitato alle specifiche  esigenze  lavorative, e, quindi,  consentiva  una  consegna in uso temporaneo e non una assegnazione del telefonino  e della connessa utenza.

   A ciò si aggiunga che i  criteri  delineati dal Ministro per i beni culturali  

e ambientali, indicavano anche le soluzioni tecniche  più opportune e convenienti (ad esempio apparecchi a scheda).

   Il Soprintendente, invece, sottoscrisse abbonamenti, con costi fissi anche in assenza di utilizzo del cellulare, e, soprattutto in un numero del  tutto  sovradimensionato  rispetto   alle reali esigenze  dell’Ufficio, così come  delimitate dalla disciplina dello  specifico settore.

  A ciò si aggiunga che nessun criterio  è stato  fissato  per individuare  il personale  cui assegnare  i telefoni.

  Infine,  non   poco   rilievo  assume nella  vicenda di cui è causa   l’ordine   di servizio  n.640   del 10 gennaio  2001.

    Con  tale atto il Soprintendente, a  seguito  della   visita  degli Ispettori del  Ministero  per i beni culturali e  ambientali effettuata il  5 dicembre  2000,  ha disposto:

a)  il recepimento della direttiva del Ministero  per la funzione  pubblica dell’11 aprile 2001;

b) la revoca  della assegnazione di tutti i cellulari;

c) l’utilizzo di dette apparecchiature per particolari esigenze, connesse  all’espletamento  di incarichi, previa  richiesta del dipendente e  per  “esigenze  temporalmente  delimitate  e  motivate”;

d) la sottoscrizione  da parte  “del titolare  dell’utenza” sulla fattura  emessa dal  gestore del servizio  telefonico, con attestazione  dell’avvenuto  utilizzo in correlazione con le  esigenze di servizio.

      In data  16 novembre 2001, poi, il convenuto notificava alla Società  erogatrice del servizio, la disdetta di n.60 utenze,  attivate nel novembre  1999.

  Sia  l’ordine  di servizio n.640  del 2001, sia la disdetta da ultimo citata, evidenziano, con estrema chiarezza, le irregolarità  connesse dal Soprintendente.

  Invero le prescrizioni diramate con l’ordine di servizio,  aderenti a quelle  ministeriali, pongono in risalto la  radicale  inversione di tendenza  nell’uso di cellulari  di servizio,  culminata con  la disdetta di  utenze che alla stregua della disciplina dettata,  risultavano del  tutto esuberanti  rispetto alle esigenze di ufficio.

2.1. Nel delineato contesto  risultano avverate  le condizioni per la  configurabilità della  responsabilità amministrativa.

Il danno erariale  è stato ampiamente  provato dall’attore il quale, sulla  scorta della documentazione in atti, ha fornito dimostrazione della parziale inutilità  dell’acquisto  degli apparati di telefonia  mobile e delle connesse  utenze.

  L’elemento psicologico  della  colpa  grave  è stato altresì, comprovato  non solo dalla cosciente  e  volontaria   violazione  della disciplina  regolante  la materia, ma anche  dalla  onerosità  dell’investimento,   volto a introdurre  un sistema di comunicazione  del  tutto  sovrastimato  rispetto  alle  esigenze dell’Ufficio (circostanza  obiettivamente  verificata dallo stesso soprintendente  con l’ordine di servizio  n.640  del 2001 e la disdetta, nello stesso anno,  di 60 utenze), senza, tra l’altro,  prevedere efficaci  strumenti  di controllo   e monitoraggio  sia della   gestione del sistema di telefonia  mobile sia della economicità  del medesimo.

  Va, quindi,  riconosciuta  sussistente la  responsabilità  amministrativa, contestata con l’atto di citazione.

2.2. Le  estese considerazioni non appaiono superabili  dalle   argomentazioni  svolte dalla difesa del convenuto, incentrate  su aspetti che non considerano minimamente  le  disposizioni  vigenti in materia di telefonia  mobile.

La  competenza della Soprintendenza  in ordine alla vastità e particolare  conformazione del territorio,   la sottoscrizione  dell’impegno   da parte del personale dipendente ad utilizzare  cellulari  assegnati  esclusivamente per  esigenze di servizio, configurano  altrettante circostanze   valide ai fini della programmazione  dell’introduzione   della telefonia mobile  e delle modalità   di utilizzo,   ma sempre nel  quadro della disciplina   dettata in materia e,   quindi,    con i limiti   già   indicati   ai   paragrafi     1.2  e   2..

  Del resto, come già accennato, il convenuto, nella sua  qualità di Soprintendente, prima revocò  le assegnazioni degli apparati , poi chiese  al Ministro   la ratifica del suo operato (peraltro non ottenuta). e, infine, notificò  disdetta di  60 utenze alla   società erogatrice del servizio,   fatti tutti  riconducibili , come  si evince  chiaramente  dall’ordine di servizio  n.640  del 2001, ad una  macroscopica   deviazione dai  principi  e criteri posti dalla specifica disciplina   in materia.

  Ad omologa sorte sono destinate le  ulteriori  difese, volte  a colorire di trasparenza   una condotta  assolutamente censurabile in  termini di responsabilità amministrativa.

Appare quanto mai  singolare  disattendere  una  disciplina  compiuta  e non assoggettabile  ad interpretazioni ambigue, sostenendo  che:

- la  fornitura  fu preceduta  da ricerca di mercato compiuta  da personale a tal fine incaricato e  ritenuta  dai medesimi incaricati “vantaggiosa “ sotto i profili operativo  e finanziario; 

-                     il controllo  dell’uso delle apparecchiature  venne  affidato  ad un impiegato con la  funzione di “referente”.

- gli ordinativi di pagamento delle fatture  telefoniche  furono controllati dai competenti uffici  che  ne   rilevarono  la regolarità.    

La singolarità  della  difesa, chiaramente proiettata  ad addossare ogni responsabilità della vicenda  ad alcuni dipendenti della Soprintendenza, risiede  nella circostanza che  viene  quasi prospettata   una figura  e una  funzione del funzionario di vertice   dell’Ufficio, del tutto  avulsa dai compiti propri,  tra l’altro di  rango dirigenziale.

  Al convenuto, ratione   muneris, incombeva, infatti, di applicare,  giova ribadirlo, una disciplina articolata, che  prevedeva  l’introduzione della telefonia  mobile nelle pubbliche amministrazioni in presenza del  ricorrere di precise  condizioni.

  In particolare  dovevano essere valutati, in un contesto  unitario, i miglioramenti   delle prestazioni della Amministrazione e la  razionalizzazione  della spesa nell’intero sistema  telefonico, a titolo  esemplificativo  riducendo  le linee fisse dirette (paragrafo 6 della direttiva del Ministro per la  funzione pubblica).

  Occorreva, altresì,  predisporre  un rigoroso monitoraggio dei consumi, che avrebbe consentito  di verificare   l’economicità dell’iniziativa ed  un controllo sulla  documentazione  delle  chiamate  effettuate  dagli apparecchi di telefonia  mobile (paragrafo  4 della  direttiva  prima citata).

Orbene  la difesa del convenuto  sostiene che le  disposizioni  impartite dal Soprintendente,  furono ispirate al rispetto della legalità nonché all’efficienza  e all’economicità  dell’iniziativa.

  Ma, come accennato, detta prospettazione  appare  priva di ogni fondamento, avuto riguardo  non solo alla difformità della fornitura rispetto alla normativa di riferimento, ma proprio in ragione  della totale abdicazione da  quelle regole che, anche se non riportate nella disciplina stessa,  avrebbero, comunque, dovuto ispirare il comportamento del Soprintendente.

  In estrema sintesi  incombeva al medesimo di accertare, in via del tutto preliminare, le  reali esigenze  dell’Ufficio, previa  ricognizione  dei servizi   che si  svolgevano nelle  “situazioni”  indicate nella disciplina  ministeriale.

Provvedere, poi, ad effettuare  una ricerca di mercato (di cui il convenuto allega  l’esistenza,  ma della quale  non fornisce alcuna prova), volta  ad acquisire  le offerte per utenze in  abbonamento ovvero, come indicato  nello specifico  ordinamento della materia, per  acquisti   di  schede  pre-pagate,  avuto   anche riguardo all’utilizzo  temporaneo  e per specifici servizi, secondo  le prescrizioni  impartite dal Ministero.

  Ma, soprattutto, andava    organizzato  un  rigoroso controllo della  gestione della telefonia mobile,con riferimento  alla qualità  delle prestazioni  della  struttura e ai costi   sopportati dalla stessa.

Si trattava  di adempimenti  dettati  dalla regola  della buona amministrazione   e che sono  del tutto  mancati nella vicenda di cui è causa.

2.3 In ordine alla   quantificazione del danno, occorre  premettere   alcune considerazioni.

Sia   l’acquisto degli apparati, sia le  telefonate (private  o per servizio)  configurano  pregiudizio   per l’erario, ove debordino dai limiti stabiliti con l’illustrata  disciplina  risalente al 1997.

   Nel delineato contesto, quindi, è rimasto  accertato  che  la  fornitura  di  cellulari  è risultata marcatamente  sovradimensionata; anche le  relative  utenze  evidenziano la medesima  connotazione.

   In ordine al pagamento delle  utenze  medesime, per canoni e  telefonate, il pregiudizio patito dalla Amministrazione  è riferito non solo ai canoni   esuberanti, ma  anche alle  telefonate  private, ben  desumibili dai tabulati  forniti dalla  società che ha gestito il servizio, e a quelle di servizio, ove non effettuate  nelle “situazioni”  indicate   nella  più volte   richiamata   disciplina  ministeriale.

  Orbene, avuto riguardo alle obiettive  difficoltà  di poter  analiticamente   individuare  quali  comunicazioni siano state  effettuate al di fuori  dei limiti consentiti e  quante  apparecchiature, con  connesse   utenze,  abbiano superato il limite posto dalla  disciplina  in materia,   ritiene il Collegio, in aderenza alla prospettazione  attrice, di  dover    quantificare  il pregiudizio  patito dall’Amministrazione per i beni e le  attività   culturali  in  via  equitativa  ex art.1226  cod.civ. in  euro 15.000,00  somma comprensiva  di  rivalutazione    monetaria, oltre interessi   a decorrere  dalla pubblicazione della presente  sentenza e sino al soddisfo.

  Le spese di giudizio  seguono la soccombenza  e sono  liquidate  come da  dispositivo.

                                               P.Q.M.

La Corte dei conti –Sezione  giurisdizionale   per la regione Abruzzo, accoglie la  domanda  presentata  dalla Procura  Regionale  e, per  l’effetto, condanna  BULIAN  Giovanni al pagamento  in favore  dell’Erario  della somma di euro  15.000,00 (quindicimila) oltre  interessi  legali   a decorrere  dalla  data  di pubblicazione    della  presente  sentenza  e sino al soddisfo.

  Lo condanna, altresì, al pagamento   delle spese  di giudizio  che sino all’originale  della  sentenza  si  liquidano in euro  202,46. --------

  Così   deciso   nella   Camera di Consiglio del 17 giugno – 20 novembre 2003.

  L’ESTENSORE                                           IL PRESIDENTE

 

    Depositata in Segreteria il 05/04/2004

                                                          Il Direttore della Segreteria

                                                            f.to Berardino Santucci