SENT.N.338/04

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale regionale per la  Regione Marche

Composta dai seguenti magistrati:

Antonio De Feo                      presidente

Renzo Di Luca                       consigliere

Angela Luigia Borrelli                consigliere relatore

Con l'assistenza del segretario di udienza, dott.ssa  Lucia Caldarelli,  ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nel giudizio di responsabilità iscritto al N.17699\R  del registro di segreteria ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti per la  Regione Marche  nei confronti di:

-       ing. Alberto CANESTRINI, nato ad Acquasanta Terme (AP) l’11/04/53 e residente ad Ascoli Piceno in via L. Mercantini,8, rappresentato e difeso presso lo studio degli avv.ti Ranieri Felici e Giorgio Molini, Via Foltrani 5 - Cingoli;

-       geom. Isario SCARPINI, nato ad Ascoli Piceno il 07/06/47 e residente in Acquasanta Terme (AP) frazione Santa Maria, n. 127/F, rappresentato e difeso  presso lo studio dell’avv.Andrea Galvani, corso Mazzini, 156 – Ancona

-       dott. Enrico Cicchese, nato a Carlantino (FG) il 1\1\1951 e residente ad Ascoli Piceno in via San Severino, n.36 rappresentato e difeso  presso lo studio dell’avv. Massimo Ortenzi, Via Bellini - Grottammare

Visto l'atto introduttivo del giudizio;

Visti gli altri atti e documenti di causa;

Uditi, nella pubblica udienza del  22 gennaio 2004, il  consigliere relatore Angela Luigia Borrelli, l’avv. Felici in rappresentaza del convenuto Canestrini, l’avv. Galvani in rappresentanza del convenuto Scarpini, l’avv. Ortenzi  in rappresentanza del convenuto Cicchese e  il Pubblico Ministero in persona del Procuratore Regionale dott. Alberto Avoli

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 La Procura Regionale della Corte dei conti  per le Marche ha  chiamato in giudizio l’ing. Alberto CANESTRINI nella sua qualità di direttore dei lavori e il geom. Isario SCARPINI quale responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Acquasanta Terme perché ritenuti responsabili, in relazione ad una transazione stipulata dalla Amministrazione Comunale di Acquasanta Terme con la S.n.c. F.lli Schiavi, del presunto  danno erariale di  67.476,47, o della somma maggiore o minore ritenuta dal Collegio, soggetta a rivalutazione monetaria, oltre che degli interessi e delle spese di giudizio.

La causa è stata iscritta a ruolo nell’udienza del 20 marzo 2003. In tale sede il dibattimento è stato limitato alla richiesta di parte convenuta di integrazione del contraddittorio.

Il Collegio, con ordinanza n.36\03, ha disposto l’integrazione del contraddittorio con il dott. Enrico Cicchese, nella sua qualità di segretario comunale del Comune di Acquasanta Terme, ed ha ampiamente riferito i fatti risultanti dai documenti depositati nel fascicolo di causa, fatti che si riepilogano in estrema sintesi.

La indagine istruttoria della Procura Regionale della  Corte dei conti per le Marche prende avvio da una denuncia (prot.22585 del 23\2\2000) e  concerne la mancata realizzazione di un  palazzetto  polifunzionale coperto  nel  Comune di Acquasanta Terme il cui progetto generale era stato redatto dall’ing. Alberto Canestrini  approvato con delibera n. 58 del 18 marzo 1989 e confermato con delibera n. 255 del 22 gennaio 1992.

L’esecuzione dei lavori venne affidata alla ditta S.n.c. F.lli Schiavi in data  25 marzo 1992; il 16 maggio vi fu la consegna dei lavori e il 18 luglio 1992  la sospensione degli stessi. Il 20 agosto 1992  il direttore dei lavori ing. Canestrini rassegnava le proprie dimissioni e la  Giunta Comunale nominava nuovo direttore dei lavori l’arch. Nazzareno Celani.

La nuova amministrazione comunale, insediatasi nel novembre del 1993, attivò le procedure per la ripresa dei lavori e con la delibera n. 393 del 22 settembre 1994 assunta con il parere di legittimità del Segretario Comunale ed il visto del tecnico Comunale   approvò la perizia di variante e suppletiva e lo schema di atto di sottomissione sottoscritto dalla ditta appaltatrice S.n.c. Schiavi.

Circa un anno dopo, con relazione, prot. 6277 del 14\7\1995, il dott. Cicchese,  nell’affermare che vi era stato uno stravolgimento del progetto iniziale, ritirava il proprio parere di legittimità apposto sull’atto di G.M. n. 393 del 22\9\1994 e invitava il sindaco e l’assessore ai LL.PP. a non sottoscrivere con la ditta F.lli Schiavi l’atto di sottomissione.

Il  14 settembre 1995 il comune di Acquasanta Terme riceveva la notifica dell’atto di citazione a giudizio da parte della ditta Schiavi e il 12 ottobre 1995, la Giunta, sulla base della relazione  del Segretario Comunale, con delibera  n. 504, revocava la precedente delibera n. 393 del 22 settembre 1994.

L’opera non venne più realizzata e venne conclusa con la ditta Schiavi una transazione dalla quale il Pubblico Ministero fa scaturire il danno erariale del quale devono rispondere gli attuali convenuti.

Con memoria di costituzione depositata per  l’udienza del 20 marzo 2003, integrata da quella presentata per l’odierno dibattimento, la difesa dell’ingegner Canestrini ha  conclusivamente chiesto: in via principale di accogliere l’eccezione di prescrizione; nel merito che venga riconosciuta la mancanza di nesso causale e la inesistenza di colpa grave; in subordine che venga limitata a  pochissimi mesi la responsabilità del convenuto  riducendo la percentuale del danno ad una misura di gran lunga inferiore al 50 per cento richiesto dal Procuratore Regionale e che venga applicato il potere riduttivo. In via istruttoria ha chiesto che venga disposta C.T.U. per accertare se il progetto Canestrini di modifica architettonica del tetto comportava uno stravolgimento dell’originario progetto.

Con memoria di costituzione depositata per l’odierna udienza  la difesa del geom. Scarpini ha richiamato il contenuto della precedente memoria ed ha chiesto che venga dichiarata l’insussistenza di ogni responsabilità in capo al geometra  Scarpini per inesistenza del nesso causale e per assenza di colpa grave. In via gradata ha chiesto di suddividere i danni secondo equità e di fare applicazione del potere riduttivo.

L’avv. Ortenzi per il convenuto Cicchese si è costituito per l’odierno dibattimento con memoria depositata il 30\12\2003 ed ha affermato, in via pregiudiziale, che non sussiste nel processo contabile la possibilità di  integrare il contraddittorio su richiesta di parte convenuta stante l’assoluta mancanza di una normativa specifica. Sostiene  che tale modo di agire priva il Pubblico Ministero dell’azione d’impulso processuale. Detta azione appare inammissibile soprattutto a conclusione dell’istruttoria con provvedimento di archiviazione.  A ciò aggiunge che nessuno fatto  nuovo è emerso rispetto a quanto già contestato al Cicchese in sede istruttoria.  Conclude chiedendo la inammissibilità della chiamata in giudizio del proprio assistito.

Nel merito afferma che il Cicchese  viene chiamato nella complessa vicenda  per il parere reso sulla delibera n. 504\95 di revoca della delibera n.393 del 1994. Sostiene che “la revoca del parere rientra nel legittimo esercizio di autotutela del dipendente pubblico, in particolar modo quando tale parere  si basa sulla verifica di atto precedente che viola norme di legge”. Cita l’art.13, comma 1, ultimo periodo, del D.P.R. n. 1063 del 16 luglio 1962.

Conclusivamente chiede: in via pregiudiziale la inammissibilità della chiamata in giudizio del dottor  Cicchese; in via ulteriormente pregiudiziale  che venga dichiarato prescritto il diritto di azione; nel merito che venga affermata l’insussistenza di ogni responsabilità sia per mancanza del nesso causale che per assenza della colpa grave; in via meramente subordinata chiede l’esercizio del potere riduttivo.

Nell’odierno dibattimento la difesa del Cicchese ha riproposto, in via pregiudiziale, l’eccezione relativa alla integrazione del contraddittorio. In conseguenza di ciò il Presidente ha invitato le parti a  limitare  gli interventi su tale questione pregiudiziale.

Al termine della discussione  il Collegio si è ritirato in camera di consiglio ed ha respinto la eccezione di inammissibilità della chiamata in causa iussu iudicis con ordinanza  pubblicata a verbale.

La discussione è ripresa relativamente alle altre questioni per le quali le parti intervenute hanno ampiamente illustrato il contenuto delle memorie depositate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) In via preliminare questa Corte deve esaminare la eccezione di prescrizione dell’azione.

Osservano i convenuti  che la potestà di azione del Pubblico Ministero si sarebbe esaurita in quanto il danno del quale si chiede il ristoro non poteva che essersi verificato nel momento in cui la ditta appaltatrice dei lavori aveva chiesto la risoluzione del contratto di appalto. Si afferma che la Procura attrice aveva conoscenza dei fatti in quanto la delibera n.504\1995 le venne inviata e pertanto da tale delibera decorrevano i cinque anni per l’emissione dell’invito a dedurre. In ogni caso, si sostiene, la data di inizio della prescrizione  deve, comunque, essere individuata al 14 settembre 1995, data della notifica della citazione all’ente esponenziale, in quanto da quel momento i lavori non potevano più essere eseguiti.

Premesso che il fondamento della prescrizione  è costituito dall'esigenza della certezza dei rapporti giuridici che non possono restare troppo a  lungo sospesi con il pericolo che sia resa impossibile o notevolmente più difficile la prova allorché sia decorso un notevole periodo di tempo, si osserva che l'esordio della prescrizione decorre dal momento in cui il debito della pubblica amministrazione nei confronti del terzo diviene certo, liquido ed esigibile.  Detto momento, secondo costante giurisprudenza, viene a coincidere con la data dell'effettivo pagamento.

 Le Sezioni Riunite di questa Corte con la sentenza n. 3/2003/QM hanno affrontato il problema della prescrizione in ipotesi di danno cosiddetto indiretto.

Ha affermato il superiore Collegio  che nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di condanna dell'amministrazione (il cui agente ha danneggiato il terzo) al pagamento di una somma di denaro quantificata ovvero il danno stesso viene risarcito stragiudizialmente attraverso la transazione il debito dell'amministrazione pubblica diviene certo liquido ed esigibile nei confronti del terzo danneggiato.

Il pagamento del debito, in tale ipotesi, costituisce comportamento dovuto da parte dell'ente pubblico, il quale non può sottrarsi se non commettendo un illecito. D'altro canto il terzo ha un titolo esecutivo che può far valere anche coattivamente. Il debito pertanto entra come elemento negativo nel patrimonio dell'ente causandone il depauperamento, essendo i crediti e i debiti tra gli elementi costitutivi del patrimonio.

Tanto premesso,  raffrontate la data  della transazione (delibera n.523 del 5 dicembre 1998 e mandati del 1999) e quella dell’invito a dedurre (notificato il 29 ottobre 2001) la eccezione di  prescrizione  deve essere respinta.

2) La complessa vicenda all’esame si sviluppa nell’arco di un decennio e vede l’intervento di diverse amministrazioni comunali, di commissari prefettizi e  di diversi tecnici esterni all’Ente.

L’incarico di progettazione conferito all’ing. Canestrini veniva confermato dalla Giunta Comunale dopo  oltre due anni dalla redazione del progetto e cioè quando gli veniva conferita la direzione dei lavori.

Il Sindaco, considerato il lungo tempo trascorso, invitava il Canestrini “ad effettuare una necessaria verificazione del progetto” che veniva confermato dall’ing. Canestrini  perchè: “Lo stato dei luoghi ove dovranno essere realizzate le opere previste nel progetto non risulta avere subito modifiche tali da comportare una variazione del progetto stesso”. Venivano quindi affidati i lavori e il 16 maggio – e cioè lo stesso giorno della consegna – il direttore dei lavori faceva osservare la necessità di definire  la copertura del campo polifunzionale per poter eseguire sollecitamente e correttamente tutti i particolari di ancoraggio della stessa alla struttura sottostante.

Due mesi dopo - il 18 luglio - l’ing. Alberto Canestrini disponeva la sospensione dei lavori con la motivazione risultante dal verbale: “accertato che per continuare nella esecuzione delle opere appaltate è necessario definire compiutamente tutti gli aspetti tecnici, esecutivi e particolari costruttivi della copertura del campo polifunzionale coperto… ”.

La motivazione della sospensione riguarda non il mancato appalto della copertura secondo il progetto generale, bensì la “volontà” ovvero la “necessità” di mutare  il tipo di copertura già previsto nel progetto generale.

I lavori non sarebbero mai più stati ripresi e l’opera, infatti, non ha avuto realizzazione.

In buona sostanza, sin dal principio, la realizzazione del primo stralcio dell’opera aveva previsto due passaggi: l’uno che riguardava la realizzazione delle opere strutturali del campo mediante conferimento di appalto; l’altro la realizzazione della copertura che doveva avvenire utilizzando le somme a disposizione dell’Amministrazione.

Il necessario raccordo tecnico fra i due passaggi era dato dal progetto, approvato unitariamente.

Risulta, sulla base univoca di tutti gli elaborati tecnici progettuali, che la copertura doveva essere quella geodetica in aste metalliche e pannelli.

Perché si sia addivenuti alla “volontà-necessità” di modificare il tipo di copertura non è emerso né dagli atti di causa né nella fase dibattimentale.

E’ facile, tuttavia, intuire che la necessità di sospendere i lavori era dovuta al fatto che la copertura scelta avrebbe  influito nella realizzazione dell’opera e pertanto finchè non fosse stato approvato il progetto i lavori sarebbero dovuti rimanere in sospeso.

L’ing. Alberto Canestrini, dopo aver predisposto il progetto di variante,  ha dato le dimissioni. Ciò è avvenuto un mese dopo aver disposto la sospensione dei lavori. Egli è stato sostituito dall’arch. Celani il quale ha proseguito nell’attività già affidata all’ing. Canestrini.

 L’Amministrazione Comunale, insediatasi nel 1993, intenzionata a proseguire nella realizzazione dell’opera ha conferito incarico di consulenza all’ing. Curzi e sulla base del parere da questi reso, confortata dal parere di legittimità del segretario comunale e da quello  di regolarità tecnica  del tecnico comunale, ha approvato la delibera n.393 del 22\9\1994 con la quale si decideva di far completare i lavori alla  ditta Schiavi sulla base del progetto di variante predisposto dall’ing. Canestrini.

Diventa pertanto poco rilevante stabilire se il progetto  da questi redatto poteva o meno essere realizzato e di conseguenza la richiesta di   nomina di C.T.U., proveniente dal convenuto Canestrini,  viene respinta in quanto non  rilevante ai fini del decidere.

3) Il Collegio   esaminando il comportamento dell’ing. Canestrini rileva che egli ha disposto, senza alcun motivo plausibile, ovvero senza aver ricevuto alcun incarico  formalizzato, la sospensione dei lavori. La difesa ha affermato che la sospensione era stata richiesta ed approvata dall’amministrazione  con la delibera n. 335\92. Dall’atto offerto quale prova si evidenzia che tale delibera riguarda la nomina dell’arch. Celani in sostituzione del convenuto dimissionario  ma non contiene alcun riferimento alla modifica del progetto di copertura.

La verità che il giudice può prendere in considerazione è quella che risulta dalle carte processuali. Non vi è la prova in atti che la richiesta di modifica del progetto sia stata ordinata dai competenti  Amministratori. Ciò che invece risulta documentato  ed inconfutabile è il breve lasso di tempo intercorso tra l’affidamento e la sospensione dei lavori.

 Tanto  è sufficiente a ritenere il convenuto Canestrini  gravemente colpevole perché  responsabile principale  del blocco dei lavori  avendo disposto la sospensione in un momento talmente iniziale da non essere minimamente giustificato dal ritardo dell’appalto delle opere di copertura. 

 La considerazione che gli effetti dannosi del ritardo potevano essere  ridimensionati  dai soggetti che lo hanno sostituito ovvero che hanno svolto un ruolo duraturo nell’ambito dell’Amministrazione vale a ridurre notevolmente l’entità del danno da porre a carico del medesimo ma non ad esimerlo dalla responsabilità per danno erariale.

4) La posizione del geom. Scarpini viene evidenziata nell’atto di citazione in relazione alla  resa del parere di regolarità tecnica  per la delibera n. 393 del 22 settembre 1994 con la quale veniva approvata la perizia di variante e suppletiva e lo schema di atto di sottomissione sottoscritto dalla ditta appaltatrice S.n.c. Schiavi.

Sostiene il convenuto  che nella prima fase, quella relativa alla iniziativa,  il ruolo del tecnico comunale  nella scelta di  una soluzione diversa per quanto riguarda la copertura dell’impianto  non è stata di alcun rilievo. Quando  il direttore dei lavori ha deciso di ricorrere ad una diversa copertura la scelta non poteva essere imputabile al tecnico e allo stesso non poteva essere riferita alcuna forma di inerzia o di responsabilità relativamente alla sua attività. Ricorda che  egli ha reso il prescritto “visto” ai sensi dell’articolo 53 della legge n.142 del 1990, atto di natura esclusivamente tecnica e non idoneo ad incidere sulla volontà di scelta dell’organo competente.

 Afferma che l’amministrazione comunale si è sempre  avvalsa di professionisti esterni per la direzione dei lavori, per la progettazione e per la realizzazione della perizia di variante (ing. Canestrini e arch. Celani) e così anche per l’attività di consulenza (ing. Curzi); pertanto sono stati i pareri resi da tecnici esterni che hanno costituito supporto in ordine alle scelte delle soluzioni progettuali nonché per l’avvio dei relativi procedimenti.

 Il Collegio condivide le argomentazioni difensive del geom. Scarpini ed osserva che con l’approvazione della delibera n.393 del 1994 veniva recepita la consulenza tecnica resa dall’ing. Curzi.

Di conseguenza non ravvisa nel comportamento  del geom. Scarpini elementi di colpa nè  altri presupposti atti a  provarne la responsabilità amministrativo-contabile.

4)  Il Segretario Comunale, dott. Enrico Cicchese,  è intervenuto nel presente giudizio  per ordine del giudice su richiesta motivata  delle parti convenute e tenuto conto della non opposizione del Pubblico Ministero.

Il Collegio rileva che le ipotesi accusatorie si concretizzano principalmente sulla non sufficiente giusitificabilità del comportamento del funzionario  in relazione a quelli che  furono i propri compiti istituzionali, alle ragioni che determinarono la mancata ripresa dei lavori e alla  ipotesi di risoluzione del contratto.

In particolare  egli avrebbe rallentato il procedimento con un proprio appunto ed avrebbe indotto l’amministrazione comunale alla revoca della delibera n. 393\94 non  mostrando di conoscere il parere reso dal consulente nominato dal Comune ing. Curzi.

Le  giustificazioni fornite dal Cicchese nel corso del presente giudizio sono state utili al Collegio  per meglio inquadrare la posizione mantenuta dallo stesso; tuttavia le argomentazioni a difesa non sono idonee ad indurre alla  esclusione di responsabilità del convenuto nella vicenda.

Le  deduzioni   fornite  hanno chiarito  che egli non ha voluto rallentare l’iter procedurale ma il senso  dell’annotazione che induceva all’attesa era in realtà relativa alla necessità di reperire fondi.

Pertanto  l’annotazione “tenere in sospeso” che poteva apparire elemento da valutare ai fini della colpa grave  ha perso   consistenza.

Rimane invece da esaminare il comportamento relativo al parere reso in ordine alla revoca della delibera n.393\1994.

Egli quando rese il parere in ordine alla legittimità della delibera 393 con la quale veniva deliberata la presecuzione dei lavori non manifestò né perplessità né dubbi di carattere giuridico. Di conseguenza venne avviato l’iter procedurale per dare attuazione alla delibera.

La nota con la quale l’arch. Celani, in data 17\5\1995, trasmise la perizia di variante e suppletiva che reca l’annotazione di pugno del segretario “tenere in sospeso” come sopra riferito  non  viene considerato atto di intralcio mentre la relazione in data 14 luglio 1995 merita approfondimento.

Il segretario comunale, nella relazione, afferma che vi  è stato uno stravolgimento del progetto iniziale tanto  da non ritenerlo più utilizzabile. Fonda le proprie considerazioni sulla necessità di attendere la consulenza tecnica dell’ing. Curzi dimenticando che la stessa era stata posta a base della delibera 393, delibera per la quale aveva espresso parere favorevole mentre con la relazione di cui sopra ne chiede la revoca.

Egli invita il sindaco e l’assessore ai LL.PP. a non sottoscrivere l’atto di sottomissione con la ditta Schiavi.

Osserva il convenuto che era suo dovere deontologico ed ha agito nel rispetto del dettato dell’articolo 97 della Costituzione. Afferma che la richiesta di revoca della deliberazione 393 rientrava nei doveri del segretario comunale in quanto l’approvazione del progetto poteva ipotizzare addirittura il reato penale, ex articolo 323 codice penale, poiché avvantaggiava l’impresa appaltatrice ai danni di altre imprese autorizzando la prima ad eseguire lavori completamente diversi da quelli originariamente approvati   ciò in violazione del comma 1, ultimo periodo, dell’articolo 13 del D.P.R. 1063 del 1962. 

Sul punto specifico si osserva che l’art. 13 citato si riferisce al capitolato annesso al D.P.R. 1063 del 16 luglio 1962. Detto articolo  denominato: “Variazione dei lavori” prevede essenzialmente oneri a carico dell’Appaltatore. In particolare  il comma 1, ultimo periodo, indicato dal convenuto, testualmente recita: “Egli ha l’obbligo di eseguire, entro i limiti stabiliti dal successivo art. 14, tutte le variazioni ritenute opportune dall’Amministrazione appaltante e che questa gli abbia ordinato, purchè non mutino essenzialmente la natura delle opere comprese nell’appalto”.

La memoria del convenuto si sofferma più volte su tale articolo  e lo pone a giusitificazione del comportamento mantenuto.

 Il Collegio  anche volesse considerare la variante  tutt’altro che meramente architettonica – i pareri tecnici in atti non vanno in tale direzione – deve osservare che non  sono stati portati a conoscenza della Corte gli elementi probatori intervenuti successivamente alla emanazione della delibera 393\94 approvativa del progetto.

Afferma il convenuto  che in precedenza, nell’esprimere il proprio parere di legittimità in ordine alla deliberazione 393, egli ha fatto affidamento sul parere di regolarità tecnica espresso dal geometra  Scarpini e sulla relazione dell’ingegner  Canestrini, ma non indica argomentazioni  apprezzabili al fine di comprendere le motivazioni che lo hanno determinato ad un ripensamento così drastico né ciò è agevolmente desumibile dagli elaborati tecnici inseriti nel fascicolo di causa.

A ciò va aggiunto che il Segretario Comunale, come peraltro sostenuto dalla difesa del Canestrini, avrebbe avuto altri strumenti per ristabilire la legittimità degli atti: ad esempio avrebbe potuto  attivare la procedura di cui all’articolo 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato  F all’epoca vigente che consentiva di “risolvere il contratto con il pagamento dei lavori eseguiti  …. oltre al 10 per cento dell’ammontare delle opere non eseguite”.

Né si può condividere l’affermazione di mancanza di nesso di causalità tra la relazione del segretario comunale e la richiesta di risarcimento danno nella considerazione che l’atto di revoca, datato 12 ottobre 1995, non  abbia inciso sulla richiesta di risarcimento del danno avanzato dalla ditta fratelli Schiavi perché la data della citazione, 12 settembre 1995,  è antecedente alla delibera di revoca. 

Ritiene, invece, il Collegio che nella sostanza è verosimile che l’autorevole parere reso dal Segretario Comunale abbia inciso nelle decisioni dell’impresa  ma, in ogni caso, il rilievo è marginale mentre va tenuto conto del grave ritardo che si era, comunque, determinato nella ripresa dei lavori.

Le osservazioni fatte un anno dopo l’assunzione della delibera 393\94 ove fossero state tempestive avrebbero avuto rilievo in ordine ai problemi di legittimità rientranti specificamente tra i doveri del segretario comunale. Rese un anno dopo, senza giustificazioni plausibili, rilevano solo ai fini del ritardo e dell’insorgenza del danno erariale.

Il comportamento del Segretario Comunale, sulla base della documentazione probatoria depositata in atti e da tutto quanto è stato riferito in sede dibattimentale, si colora di notevole superficialità: ha mostrato di   aver dimenticato l’esistenza del parere tecnico molto importante reso dal consulente, ing. Curzi, nominato dal Comune, posto a base della delibera sulla quale egli aveva espresso parere favorevole.

 Egli ha preso una iniziativa per la quale non è riuscito a fornire argomentazioni apprezzabili  ai fini della  difesa del superiore interesse pubblico necessario per proporre una revoca di un atto regolarmente approvato. Le considerazioni che sono state esternate sono generiche e paventano dubbi in ordine a responsabilità  varie ed eventuali.

Egli ha reso un parere fondato più su considerazioni di ordine tecnico che giuridiche e comunque, non ha fornito argomenti per  giustificare il motivo per cui le questioni di legittimità sollevate in sede di proposta di revoca della delibera non sono state evidenziate in occasione  del primo parere reso.

Va pertanto affermata la responsabilità per colpa grave del Segretario Comunale dott. Enrico Cicchese per la grave contraddittorietà  di comportamento e per non  aver fornito agli ammistratori gli  strumenti giuridici necessari per procedere con regolarità e nel rispetto delle leggi.

Non si può escludere, in punto di fatto, che egli sia stato indotto da altri soggetti ovvero sia stato condizionato dal particolare momento storico. Egli quando ha apposto il proprio parere di legittimità sulla delibera 504\95 con la quale è stata revocata la 393\94 ha chiesto agli amministratori di inviare gli atti alla Procura della Repubblica e a quella della Corte dei Conti. Ciò nonostante il Collegio non ha argomenti  per superare la considerazione che egli ha gravamente contribuito a determinare il danno al Comune di Acquasanta Terme.

5) Rimane da procedere alla quantificazione del danno ed alla attribuzione di quota parte dello stesso ai soggetti ritenuti responsabili.

Il Collegio afferma quindi la responsabilità per colpa grave del Canestrini e del Cicchese ma non ritiene che essi debbano rispondere per l’intero danno come determinato nell’atto di citazione.

Ribadisce che il danno al Comune di Acquasanta Terme si è prodotto anche per la concorrenza con comportamenti connotati da colpa grave di altri soggetti che non sono stati chiamati nel presente giudizio.Pone la giusta rilevanza al fatto  che l’Ente locale  ha affrontato diverse crisi e pertanto sono stati tanti gli amministratori che sono entrati a vario titolo nella vicenda. Non sottovaluta  che la vicenda si svolge  negli anni ‘90 e, dunque, in un periodo caratterizzato da un pesante clima di sospetto. E’ plausibile  che vi siano state voci non dimostrabili  in  relazione ad eventuali vantaggi derivanti dall’affidamento dei lavori e dalla realizzazione dell’opera.

La Corte valuta come fatto notario  le circostanze sopra riportate anche se non  comprovate dagli atti depositati; al pari però deve  considerare la verità processuale quale  è quella che risulta dagli atti scritti e  documentata nel fascicolo di causa, atti che in una vicenda così complessa possono e devono guidare l’operato del giudice.

         A tutto ciò  consegue che la quantificazione del danno viene fatta  in via equitativa e con ampia applicazione del potere di riduzione dell’addebito sicchè l’importo del danno risarcibile viene ridotto alla somma complessiva di €.7.000.

Tale somma considerato che si verte in materia di responsabilità parziaria deve essere ripartita tra i due convenuti ritenuti responsabili.

Per le considerazioni ampiamente illustrate in precedenza il Collegio attribuisce la maggiore responsabilità all’ing. Canestrini che viene  condannato a versare al Comune di Acquasanta Terme la somma € 5.000, mentre il dott. Cicchese viene  condannato a versare al Comune di Acquasanta Terme la restante somma di € 2.000.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la  Regione Marche, definitivamente pronunciando:

-       respinge la eccezione di inammissibilità di integrazione del contraddittorio  nei confronti del dott. Cicchese;

-       respinge perché infondata l’eccezione di prescrizione;

-       assolve il geom. Isario SCARPINI;

-       condanna l’ing. Alberto CANESTRINI al pagamento in favore del Comune di Acquasanta Terme della somma di € 5.000 (cinquemila);

-       condanna il dott. Enrico CICCHESE al pagamento in favore del Comune di Acquasanta Terme della somma di € 2.000 (duemila).

Sulle somme dovranno essere corrisposti gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza fino all'intero soddisfo.

Condanna altresì il  Canestrini e il Cicchese – in parti uguali -  al pagamento  delle spese di giudizio che fino alla data della presente sentenza vengono liquidate complessivamente in  €. Milleottocentocinquantacinque/10 (1.855,10). 

 

Così deciso in  Ancona nella Camera di Consiglio del giorno 22  gennaio 2004 

 

         L'ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE

 (F.to Angela Luigia Borrelli)                            (F.to Antonio De Feo) 

      

PUBBLICATA MEDIANTE DEPOSITO IN SEGRETERIA

IL 02/03/2004

IL DIRIGENTE

DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

(F.to Dott.ssa A.Laura CARLONI)