Speciale  -  La vicenda di Castel di Tora   -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sulla elaboranda riforma del T. U. sull’Ordinamento degli Enti Locali ed in particolare sulla sopravvivenza della funzione del segretario comunale (analisi della modifica dello  Statuto adottata dal Comune di Castel di Tora)”


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PRIMA PARTE

Una delle novità introdotte con la riforma effettuata con la legge  n.3/2001, è costituita dalla “costituzionalizzazione” della potestà statutaria di Comuni e Province. Si deve conseguentemente riconoscere che ciò che è cambiato, sul piano ordinamentale, rispetto al recente passato, è che la fonte statutaria si pone direttamente in relazione alla Costituzione e non più rispetto ad una  legge ordinaria dello Stato contenente, in materia di ordinamento degli enti locali, disposizioni, principi e, tra questi ultimi, quelli dichiarati espressamente inderogabili. Né è ipotizzabile che quel rapporto oggi intercorra con la legge regionale per effetto della immissione, in questa materia, della potestà legislativa regionale che succederebbe a quella statale.

Innanzi tutto, tale ipotesi è soltanto teorica perché, di fatto, essa è inattuabile per effetto dei limiti, espressi, espliciti ed impliciti, ricavabili dallo stesso dettato costituzionale.

Costituisce limite espresso l'aver fatto rientrare, tra le materie che costituiscono oggetto di legislazione esclusiva dello Stato, il sistema elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (art.117, comma 2, lett. p) - Costituzione). Il limite esplicito è riscontrabile nell'art. 5 della Costituzione che, essendo rimasto invariato, continua a riportare in capo allo Stato, oggi parte costitutiva della Repubblica, una legislazione di principi che tenga conto delle esigenze dell'autonomia. Infine, limite implicito è la inevitabile registrazione di un chiaro e incontestabile intento del legislatore nazionale marcatamente favorevole all'accentuazione delle autonomie locali, intento, che resterebbe tradito da una interpretazione favorevole, invece, alla potestà legislativa in capo alle Regioni, con il pericolo di un nuovo centralismo regionale, in detta materia.

Come potrebbe la Regione legiferare in materia di ordinamento delle autonomie locali presenti nel suo territorio dal momento che gli aspetti da disciplinare, con un insieme organico di norme, trovano già pieno esaurimento nella combinazione fra legislazione (esclusiva) ordinaria dello Stato, ai sensi dell'art. 117-comma 2- lett. p) della Costituzione, fra legislazione statale di principi ai sensi dell'art. 5 (non abrogato) della stessa Costituzione e fra potestà normativa propria, di fonte statutaria, ai sensi dell'art.114 nel testo novellato dalla legge n.3/2001?

Se questo è il quadro normativo di riferimento e se di esso fa parte l'abolizione di tutto il sistema che disciplinava il controllo esterno di legittimità come inevitabile conseguenza dell'abrogazione dell'art.130 della Costituzione, le altre norme di fonte legislativa statale, come quella contenuta nell'art.1, comma 3, del D. lgs. 18.8.2000, n.267, sopravvivono a pieno titolo perché, agli enti-autonomie locali, bene (nel senso di conformità all'art.5 - Costituzione) si addice la norma di cui al predetto art.1 che così dispone: "La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile bile, per la loro autonomia normativa".

Se si considera che, prima della riforma del titolo V° della Costituzione, la sub primarietà della norma di fonte statutaria comunale e provinciale significava prevalenza rispetto alle norme legislative statali di principio non inderogabili si deve concludere che nella sfera di competenza legislativa della Regione, invece, residuerebbe una normativa che non può andare più in là di una statuizione di principi derogabili dalla potestà statutaria di Comuni e Province. D'altro canto, se si volesse riconoscere l'estraneità, all'ordinamento degli enti-autonomie locali di fonte statale, non solo del controllo esterno di legittimità ma anche di tutte le  disposizioni contenute  nel T.U. 267/2000, tuttavia, questo deve ritenersi svuotato non già dei principi bensì soltanto delle "disposizioni" (e non solo di quelle in materia di controllo esterno di legittimità) cui si riferisce il relativo art.1, comma 1.

La tentazione,  a questo punto, sarebbe quella di pensare che sia la Regione oggi a potere, con propria legge, "disporre" così come ieri aveva fatto lo Stato. Invece, un'attenta lettura del dettato e dello spirito del nuovo sistema costituzionale deve portarci a concludere che quelle "disposizioni" sono state trasferite, in virtù dell'art. 114,comma 2, della Costituzione, nella sfera di competenza dell'autonomia normativa, di fonte statutaria, dei Comuni e delle Province.

In conclusione, è vero che la  materia generale ( con esclusione di quella parte, oggetto di legislazione esclusiva dello Stato, individuata con l'art.117-comma 2-lett.p)-Costituzione) delle autonomie locali minori ed in particolare la materia del controllo esterno di legittimità, non risultano elencate fra quelle rientranti nella competenza legislativa che appartiene in via esclusiva o in via concorrente allo Stato, ma sarebbe affrettato fare derivare da ciò, tout-court, una competenza legislativa esclusiva della Regione poiché, nello stesso contesto costituzionale, detta materia è di rango privilegiato ossia è attratta in un cerchio normativo speciale attestato sulla tricotomia delle fonti: Costituzione - Legge statale di principi (tra i quali quelli definiti inderogabili) - Statuto dell'ente-autonomia locale.

 

                                                                SECONDA PARTE

Se si accolgono le predette argomentazioni ed il relativo corollario, anche sulla vexata quaestio del Segretario comunale si dovrebbe pervenire a conclusioni più coerenti con il sistema tracciato dal nuovo dettato costituzionale e che, purtroppo, in astratto potrebbe giustificare la scelta operata, in sede statutaria, dal Comune di Castel di Tora in ordine alla sopravvivenza della figura del Segretario comunale nel proprio assetto organizzativo - funzionale.

Il predetto Comune probabilmente si è fatto condurre “fuori pista” dall’esito della querelle sull’abrogazione immediata o meno del sistema normativo del controllo esterno di legittimità sugli atti degli enti locali come effetto automatico dell’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione.

Il caso del menzionato Comune sarebbe, ossia, un esempio di effetto riflesso e comunque indotto dalla interpretazione prevalente ed ufficiale che ha dato soluzione affermativa alla predetta questione nonostante secondo il nostro diritto positivo il meccanismo dell’abrogazione di una legge ordinaria sia disciplinato in modo diverso.

Seguendo questo prevalente orientamento interpretativo circa la possibilità di un’abrogazione automatica di leggi ordinarie per effetto di un’abrogazione espressa di una norma costituzionale effettuata da una legge costituzionale, è facile credere che alla stessa stregua possa operare il meccanismo dell’abrogazione tacita di leggi ordinarie dello Stato a seguito della introduzione di modifiche alla normativa costituzionale.

Si spiegherebbe in cotal modo lo iato riscontrabile nelle motivazioni in punto di fatto e di diritto che supportano la predetta deliberazione consiliare.

In punto di fatto, le considerazioni sviluppate nella parte-motiva dello stesso atto deliberativo sembrerebbero attagliarsi piuttosto ad una “latente revoca”, in quanto tale, a dir poco, irrituale e inammissibile, del segretario comunale nel caso di specie, surrettiziamente contenuta in una modifica statutaria il cui provvedimento deliberativo si erge su un crescendo denigratorio che, muovendo da considerazioni di “obsolescenza” sul piano istituzionale della “figura del segretario comunale” (che potrebbe anche starci sul piano teorico di un libero convincimento e sul piano astratto di una corretta impostazione di siffatto provvedimento deliberativo) approda ad un giudizio negativo della intera categoria dal momento che, fra l’altro,  vi si afferma in via generalizzata che “ I comuni……non sanno che farsene di (e quindi non tutti) segretari: - che non leggono……..; - che non riferiscono…….; - che non sono in grado…….; - che non controllano…..; - che non sanno o non vogliono……; - che non hanno capacità e fantasia…….; - che non sappiano destreggiarsi…..; (e dulcis in fundo) - che non sono innamorati del proprio mestiere dirigenziale.”

Analogamente generalizzata è l’affermazione che la crescita culturale ha interessato nell’ultimo cinquantennio ogni strato sociale della popolazione compresi gli amministratori elettivi, un tempo “persone semi analfabete”, quasi che, per una sorte di litote rovesciata, la categoria dei segretari comunali sia rimasta estranea a questo fenomeno di crescita culturale rimanendo attestata ai livelli di cinquant’anni or sono quando, se si rammenta, bastavano titoli di studio inferiori alla laurea!

Lo iato in punto di fatto e, quindi, la illogicità della motivazione sussiste nel momento in cui, riferendosi (de iure condendo in sede statutaria) a quei segretari, in una parola incapaci o non all’altezza, e non facendo salvezza alcuna di una parte, prevalente o almeno minoritaria, della categoria dei segretari comunali che, invece, “ leggono…”; “ riferiscono….”; “sono in grado…..”; “controllano….”; “ sanno e vogliono…”; “hanno capacità e fantasia……”; “sappiano destreggiarsi….”; “sono innamorati del loro mestiere…..”, nulla si dice in ordine alla utilità di questi ultimi (nella misura in cui il Sindaco ne voglia o ne sappia  trarre giovamento attivando gli appositi istituti che consentono anche di ottenere economie e maggiore efficienza attraverso un ruolo dinamico e polifunzionale, e non solo “de minimis”, del segretario comunale) e per i quali risulterebbe ingiustificata la soppressione istituzionale per via statutaria.

In punto di diritto lo iato si riscontrerebbe lì dove, dopo aver elencato stralci di articoli (114; 117; 118) del titolo V° della Costituzione ritenuti più significativi per dare legittimo fondamento alla  soppressione, con apposita norma statutaria, della figura istituzionale del segretario comunale, si perviene ad una conclusione in senso caducatorio ““di tutte le norme relative ai segretari comunali previste dal Capo II del dlgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). In particolare, devono ritenersi abrogati ipso iure gli artt. 97, 99 e 100 del predetto t.u. 267/2000,……”” omettendo il passaggio intermedio, il solo che, sul terreno delle fonti del nostro diritto, potrebbe connettere la modifica costituzionale de qua alla possibilità di sopprimere in sede statutaria l’obbligo della figura del Segretario comunale in seno al proprio apparato burocratico.

Si è, così, di fronte all’aspetto squisitamente giuridico della questione, il cui momento normativo saliente va individuato nell’ampiezza della riserva di legge statale operata con l’art.117 - comma 2- lett. p) e la cui disposizione va inserita in quel trittico esclusivo di fonti normative, di cui ho parlato, nella parte prima di questo scritto, in tema di ordinamento degli enti locali minori.

Invero, se si esclude, come in effetti devesi escludere, che la previsione della figura e del  ruolo  del  Segretario  comunale  possa  essere  oggetto  di  una  norma  statale  di principi inderogabili e se si esclude, (ma in questo caso potrebbe darsi il contrario), che possa essere oggetto di legislazione esclusiva dello Stato (qualora la legge statale attuativa dell’art.117,comma 2, lett. p) della Costituzione non faccia rientrare il segretario comunale tra i soggetti che sono indispensabile integrazione degli organi di governo o tra i soggetti preposti, anche in via complementare, a quelle che saranno esplicitamente individuate come funzioni fondamentali, si può pervenire a condividere la decisione assunta dal Consiglio comunale di Castel di Tora!

Secondo tale prospettazione, tuttavia, non si potrebbe andare oltre il  riconoscimento al predetto Comune del “beneficio” di un’attenuante atteso che la relativa deliberazione rimane, invece, senza esimente alcuna, illegittima in un’ottica di legalità quale quella innanzi delineata e che, in ogni caso, impone agli Organismi di governo politico – amministrativo degli Enti locali minori di non esercitare la potestà statutaria prima che il dettato costituzionale, donde discende la riserva di legge statale sugli Organi di governo e sulle funzioni fondamentali degli stessi enti, trovi compiuta attuazione.

Riserva di legge che, se lo Stato userà nella direzione dell’abolizione della figura del segretario comunale ovvero della sua non obbligatorietà, conterrà ovviamente la indefettibile norma di chiusura sulla sorte di ogni Segretario comunale - persona fisica in attività di servizio, sotto il profilo della sua tutela alla pari di qualsiasi altro lavoratore di uno Stato democratico e di diritto anche se in senso federalistico.

Questa normativa intermedia, all’atto della deliberazione del Comune di Castel di Tora, non è intervenuta e, pertanto, abbiamo assistito ad un caso di fuga in avanti che tutti i segretari comunali e provinciali, in quanto “innamorati del proprio mestiere dirigenziale”, auspicano che non venga messa in scena conformemente a quelli che, per ora, possono essere considerati soltanto semplici “desiderata” del Comune di Castel di Tora. 

Domenico Giorgio  (Segretario generale del Comune di Ascoli Piceno)

(dal sito UNSCP)

 


 

Il Tar Lazio "salva" i segretari comunali


Roma. I comuni non possono abolire la figura del segretario comunale nemmeno con una modifica ai loro Statuti e invocando la recente riforma del Titolo V della Costituzione. E' questo il principio sancito dall'ordinanza n. 4066/02 dell'11 luglio scorso del Tar Lazio (Sezione seconda bis). che ha accolto il ricorso dell'Agenzia Nazionale dei Segretari contro la delibera dell'Amministrazione di Castel di Tora (RI), uno dei primi ad avere assunto questa linea abrogazionista.

Una decisione che probabilmente influenzerà le scelte di molti Municipi decisi a sostituire il segretario comunale con una segreteria amministrativa alle dipendenze del sindaco e diretta da un dipendente comunale o da un esterno. Diverso il parere dell'Agenzia del segretari. "La riforma costituzionale, pur riconoscendo la più ampia autonomia statutaria agli enti locali nella definizione dell'organizzazione interna dell'ente, certamente non riconosce - spiega Antonello Langiu - direttore dell'area legale dell'organo di autogoverno della categoria - alle amministrazioni il potere di eliminare la figura del segretario, espressamente prevista dal Testo unico del 2000.

Una tesi ripresa nell'ordinanza del Tar del Lazio che ha ritenuto "ravvisabile un danno grave e irreparabile nel vulnus che il provvedimento impugnato arreca alla competenza dell'Agenzia ricorrente, quale disciplinata dal T.U. n. 267/2000, le cui disposizioni relative alla figura del segretario comunale non possono ritenersi abrogate ipso iure dalla intervenuta modifica del Titolo V della Costituzione, nè, prima facie, possono ritenersi cedevoli e disponibili da parte dell'autonomia statutaria dei comuni".

Soddisfatto Gianluca Susta presidente dell'Agenzia e sindaco di Biella. "Il provvedimento del Tar del Lazio - ha detto - conferma l'importanza del segretario comunale all'interno degli enti locali. E' impensabile ritenere che dopo la modifica del Titolo V della Costituzione i segretari possano subire una compressione del loro ruolo nelle amministrazioni, amministrazioni, ruolo che, invece, proprio alla luce delle modifiche cosituzionali è destinato ad acquisire ulteriori spazi e prospettive".

(dal Sole 24 Ore del 13 luglio)


 

Città e Province, in salvo i segretari


In salvo i segretari comunali. I sindaci infatti non possono procedere alla soppressione di questa figura attraverso norme regolamentari o statutarie. E questo anche dopo che la riforma del Titolo V della Costituzione ha ampliato le competenze delle autonomie locali. Il Tar del Lazio nell'udienza dell'11 luglio scorso ha bloccato sul nascere l'iniziativa del sindaco del comune di Castel di Tora (Rieti) il qaule aveva tentato nei mesi scorsi di far passare come automatica la soppressione della figura del segretario a seguito dell'entrata in vigore della Legge Costituzionale n. 3/2001. Il Tar, con ordinanza datata 11 luglio 2002, ha accolto la sospensiva richiesta dall'Agenzia nazionale dei segretari comunali e provinciali sulla deliberazione n. 15 del 9 marzo 2002 del comune di Castel di Tora. Accolta anche, con altra ordinanza datata anch'essa 11 luglio 2002, la richiesta di sospensiva avanzata da Cisl-Fps-Federazione dei lavoratori pubblici e dei servizi di Roma e del Lazio. I giudici del tribunale amministrativo hanno ritenuto che le norme del testo Unico degli enti locali (dlgs n. 267/2000) relative alla figura del segretario comunale e provinciale non possono ritenersi abrogate ipso iure dalla intervenuta modifica del titolo V della Costituzione, come affermato nelle premesse del provvedimento originariamente impugnato. Queste disposizioni non possono neanche ritenersi "cedevoli" e disponibili da parte dell'autonomia statutaria dei comuni, come affermato nelle premesse della deliberazione n. 24 del 6 luglio 2002 che ha integrato la motivazione della deliberazione impugnata (fatte salve le utlteriori ragioni che potranno essere fatte valere con i motivi aggiunti avverso quest'ultima deliberazione, in quanto autonomamente lesiva).

Va ricordato (si veda Italia Oggi del 18 maggio scorso) che il consiglio comunale di Castel di Tora aveva maturato la scelta di sopprimere la previsione della figura del segretario comunale, in quanto ritenuta devoluta alla competenza normativa statutaria. Tutto ciò avrebbe trovato fondamento nell'implicita abrogazione dell'ordinamento degli enti locali (dlgs 267/2000), operata con la Legge Costituzionale 3/2001. Il Tar non ha però condiviso la tesi dell'amministrazione laziale, condividendo invece le obiezioni proposte dall'Agenzia dei segretari e dall'organizzazione sindacale.

(Da Italia Oggi del 16 luglio 2002)


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